Una proposta per garantirci l’efficienza nel futuro

Massimo Ignesti - 08/09/2021

La crisi di tutte le componenti della società generata dal COVID-19 ci ha evidenziato quanto sarebbe importante disporre non solo di misure di mitigazione adeguate a qualunque rischio ma soprattutto di misure di continuità operativa in grado di assicurare il corretto e efficiente funzionamento di tutte le attività.

Ognuno di noi ha potuto “testare” in questo periodo come l’intera organizzazione della nostra società sia stata “azzoppata” e abbia reagito in modo spesso disordinato, incoerente e disarmonico dando luogo a disservizi gravi.

Quando affermo ciò, non faccio riferimento solo ai “grandi servizi” cosiddetti strategici (luce, acqua, gas, telecomunicazioni, trasporti etc) ma anche a quelli più “spiccioli” la cui rilevanza è balzata all’attenzione di tutti soprattutto durante la cosiddetta “fase 1”: spesso, infatti, si è dovuto intervenire con iniziative “tampone” per rendere possibile la vita di un sistema complesso quale è il nostro. È stato subito evidente che, ad esempio in tema di trasporti, non si poteva chiudere la rete dei gommisti, dei meccanici, degli elettrauto e dei loro fornitori, eppure ci si è dimenticati del valore della rete di vendita degli automezzi, come se questi ultimi fossero solo destinati a garantire l’auto per le gite al mare delle famiglie o per andare a trovare la zia lontana, impedendo così un adeguato e necessario ricambio di quelli andati fuori uso o necessitanti per le più svariate esigenze.

Insomma, gli interventi di reazione (più che di mitigazione) alla crisi hanno reso l’immagine del classico “a macchia di leopardo” con continui, necessari, aggiustamenti ed adeguamenti man mano che si rivelavano nuove aree di necessità.

Non vi è dubbio che chi ha dovuto prendere le decisioni, spesso “a tamburo battente”, di fronte magari alle pressioni dell’opinione pubblica o degli stakeholder gravitanti sull’Ente, ha avuto compito difficile e che ora può essere esposto a critiche alimentate dall’inutile “senno di poi”, ma se il Decisore (inteso come la o le Istituzioni e gli Enti) avessero avuto a disposizione dei piani di continuità meditati nel tempo e ben strutturati, forse il compito sarebbe stato più semplice e soprattutto sarebbe stata più efficace la resilienza dell’intero sistema Paese.

Allora, da queste carenze evidenti, sorge una proposta destinata forse un po’ fuori dagli schemi soliti ma, come tale, innovativa: perché fra i tanti provvedimenti di carattere economico destinati a rilanciare l’economia del Paese non ne comprendiamo uno destinato a “irrobustire” il Paese e renderlo resiliente di fronte a gravi crisi in modo da poter avere la certezza di ridurre la minimo il danno dovuto al rallentamento o peggio al fermo delle attività?

La via più immediata e capace di suscitare interesse ed attenzione potrebbe essere quella di defiscalizzare, in tutto o in parte, le spese connesse con la predisposizione di piani di continuità operativa ed a creare una nuova figura di rilievo in ambito non solo nelle aziende ma anche nelle strutture statuali: il Responsabile della Continuità Operativa affiancato da uno staff adeguato, munito di adeguata capacità di spesa e posto alle dirette dipendenze del massimo livello esistente nella organizzazione.

Ovviamente un provvedimento in tal senso va supportato dalla creazione di una “scuola di continuità operativa” in grado di preparare Dirigenti di ogni settore con insegnamenti concreti e pratici, possibilmente fondati sulle esperienze raccolte in occasione di situazioni di crisi trascorse e risolte in modo positivo o negativo.

L’Università, che certamente ha tutti gli elementi umani e tecnici per dare concretizzare questa idea, potrebbe farsi carico di creare appositi corsi sinora assenti dall’orizzonte della cultura dei Manager ed aprirebbe nuove prospettive allo studio scientifico di questo importante aspetto della vita sociale traendone vantaggi anche dal punto di vista economico.

Ovviamente iniziative nel senso potrebbero portare alla creazione di posti lavoro specialistici in un momento in cui il mercato del lavoro langue con effetti pesanti sulla disoccupazione specie giovanile.