Per disporre il sequestro probatorio informatico occorre una motivazione specifica (recte rafforzata)

Marco Cecchi - 29/03/2022

Non è tollerabile alcuna «ingiustificata “rincorsa” del soggetto a cui le cose sono [state] sequestrate, al fine di ottenere la restituzione di ciò che sin dall’inizio non avrebbe dovuto essere sequestrato». Affinché il sequestro probatorio non si trasformi in uno «strumento di illegittima compressione di diritti», è necessario specificamente apprezzare e quindi motivare i profili argomentativi di ordine qualitativo, quantitativo e temporale che legittimano la misura de qua, nonché il nesso di pertinenza che deve sussistere tra bene appreso e finalità investigative (non meramente esplorative).

 

Cass. pen., Sez. V, 10 gennaio 2022, n. 375 – Pres. Sabeone, Est. Belmonte; Ric. B.P.

 

La Suprema Corte, dopo aver rilevato la violazione dei principi di pertinenza, adeguatezza e proporzionalità del sequestro disposto nella vicenda di specie, annulla con rinvio il provvedimento impugnato. Nella prospettiva del nuovo giudizio che sarà celebrato, la Cassazione delinea una road map valutativo-motivativa alla quale il giudice di merito dovrà attenersi. In particolare, relativamente al caso concreto, occorrerà spiegare:

  1. perché possa considerarsi legittimo, avuto riguardo al reato per cui si procede, un sequestro onnivoro e invasivo, di una serie indifferenziata di dati personali;
  2. perché sia quantitativamente e qualitativamente necessario procedere alla ablazione in questione;
  3. quali siano le ragioni che consentano di ritenere sussistente il presupposto della pertinenza tra la documentazione sequestrata – da considerare partitamente, elemento per elemento – e le esigenze probatorie emergenti;
  4. come possa dirsi conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalità un sequestro a seguito del quale la copia integrale dei dati sequestrati venga portata alla cognizione del consulente tecnico, “senza [previa] individuazione di un perimetro di valutazione rispetto alla ipotesi investigativa, nell’ambito del quale eseguire gli accertamenti demandati”;
  5. quale sia il lasso temporale entro cui la copia integrale della documentazione sottoposta a sequestro debba essere restituita.

Ecco, “in relazione a tali dati [rectius aspetti, profili o punti fondamentali], il Tribunale del riesame dovrà fornire, nel rinnovato esame di merito, adeguata replica, parametrando le esigenze investigative e, in specie, la portata omnicomprensiva del sequestro alla notizia di reato per cui si procede, al fatto per cui si investiga, al suo oggetto, al ruolo del ricorrente”. Tutto ciò “onde superare il limite di un sequestro che, eseguito con modalità generaliste, finisce per esporsi alla censura di una non consentita, sul piano quantitativo e qualitativo, finalità esplorativa, finalizzata alla eventuale acquisizione, diretta o indiretta, di altre notizie di reato”. Dunque: occorre parametrare le esigenze investigative, da un lato, al fatto per cui si procede (1), al suo oggetto (2) e al ruolo del soggetto i cui beni vengono sequestrati (3), dall’altro.

Se questo è l’epilogo decisorio, ciò che interessa evidenziare della sentenza che attenzioniamo è soprattutto il richiamo, da parte dei giudici di legittimità, a quell’insieme di “principi giurisprudenziali affermati in più occasioni” nella materia de qua.

In breve, gli Ermellini ricordano anzitutto che il “test di proporzione” (da applicare nella valutazione dell’an e del quomodo della scelta ablativa nel caso del sequestro del corpo del reato) è valido anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato. Pertanto, devono essere sempre presi in considerazione, rapportati tra di loro e chiaramente esplicitati i seguenti fattori: i) il perimetro investigativo; ii) l’ipotesi di reato per cui si procede; iii) la finalità probatoria perseguita. Solamente un siffatto onere di valutazione, prima, e di motivazione, poi, è “compatibile con i limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti costituzionalmente garantiti dell’individuo, tra cui certamente il diritto alla protezione della proprietà, riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo Protocollo addizionale CEDU”. Soltanto così, invero, si garantisce che la misura “sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità, in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato (i.e. lo spossessamento del bene) e il fine endo-processuale perseguito”.

Viene qui, quindi, evidentemente in gioco il “bilanciamento tra gli interessi in conflitto” (spec., sicurezza ‘vs’ riservatezza); ed è proprio il principio di proporzionalità ad assumere un ruolo centrale in questo scenario, poiché rappresenta un “canone modale” che – pure sul piano strettamente giudiziario – permette, a monte, di compiere una scelta ragionevole e, a valle, di controllare l’effettiva ragionevolezza della decisione assunta. In quest’ottica, “il giudice non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari, ma deve modulare il sequestro conformando il vincolo in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti, il cui esercizio di fatto non pregiudicherebbe la finalità probatoria/cautelare perseguita”. D’altronde, e questo è un altro passaggio significativo della pronuncia che segnaliamo, sono più in generale i principi di proporzionalità (per l’appunto), di adeguatezza e di gradualità ex art. 275 c.p.p., previsti per le misure cautelari personali, che “devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell’applicazione [altresì] delle cautele reali, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritti di proprietà e di libera iniziativa economica”.

Pertanto, in conformità a tale ricostruzione ermeneutica, può sinteticamente dirsi che “la legittimità del sequestro probatorio passa per la specifica motivazione

  1. della sussistenza del nesso di pertinenza tra il bene appreso e l’ipotesi investigativa;
  2. della tipologia di operazioni tecniche da svolgere sul dato;
  3. della durata temporale del vincolo”.

Si tratta di un obbligo motivazionale che, a ben vedere e come testimonia l’attributo con cui viene aggettivato, si concentra su punti specifici. Tra questi punti specifici essenziali, il primo punto – cioè, il legame di pertinenzialità – è quello dirimente e centrale, che consente peraltro di parlare di un vero e proprio onere giustificativo rafforzato su tale aspetto, poiché rappresenta – non un mero elemento da constatare o semplicemente da descrivere (quali quelli di cui alle lettere b e c), bensì – una «tappa argomentativa ineludibile» da sviluppare razionalmente, un «profilo argomentativo saliente della fattispecie» da apprezzare «alla luce di parametri e criteri condivisi e/o consolidati, nonché intersoggettivamente verificabili» (su questo istituto giuridico, sia consentito il rinvio a M. Cecchi, La motivazione rafforzata del provvedimento. Un nuovo modello logico-argomentativo di stilus curiae, Milano, 2021; da cui traiamo le citazioni virgolettate “«…»”: 550; 484, nt. 401; 27). E infatti, è dalle parole della stessa Corte di cassazione che emerge come sia esattamente “la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale [un (il?)] requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità e al principio di proporzione”. Ancor più precisamente, da quest’angolo visuale, “il principio di proporzionalità segna il limite entro il quale la compressione di un’istanza fondamentale per fini processuali risulta legittima”[1].

In definitiva, da Cass., Sez. V, 10 gennaio 2022, n. 375 ricaviamo che “l’esigenza insopprimibile di selezionare le cose davvero necessarie ai fini della prova” la si soddisfa concretizzando/vivificando i tre requisiti motivazionali sopra-indicati alle lettere a), b) e c). Specialmente, il profilo sul quale primariamente insistere è quello – di natura argomentativa – previsto dalla lettera a): ossia, il nesso di pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità accertativo-probatoria. Un aspetto, questo della pertinenzialità, che è inoltre differentemente modulabile – caso per caso – “in ragione della fase del procedimento, della fluidità delle indagini e della contestazione provvisoria, del fatto concreto per cui si procede, del tipo di illecito a cui il fatto sembra doversi ricondurre, della difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro, della natura del bene che si intende sequestrare”.

 

Giurisprudenza di interesse

  • Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85

 

  • Sez. un., 28 gennaio 2004, n. 5876, Bevilacqua
  • Sez. III, 7 luglio 2008, n. 27508, Staffolani
  • Sez. V, 21 ottobre 2010, n. 8152, Magnano
  • Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 8382, Caruso
  • Sez. II, 12 aprile 2013, n. 16544, Verni
  • Sez. III, 7 maggio 2014, n. 21271, Konovalov
  • Sez. V, 27 febbraio 2015, n. 13594, Gattuso
  • Sez. VI, 15 dicembre 2016, n. 53168, Amores
  • Sez. V, 14 marzo 2017, n. 16622, Storari
  • Sez. un., 19 aprile 2018, n. 36072, Botticelli
  • Sez. VI, 12 settembre 2018, n. 56733, Macis
  • Sez. VI, 4 marzo 2020, n. 13156, Scagliarini
  • Sez. VI, 22 settembre 2020, n. 34265, A. e altri
  • Sez. VI, 19 febbraio 2021, n. 6623, P.

 

  • Corte EDU, 21 febbraio 1986, James e altri c. Regno Unito
  • Corte EDU, 24 ottobre 1986, Agosi c. Regno Unito
  • Corte EDU, Grande Camera, 5 gennaio 2000, Beyeler c. Italia
  • Corte EDU, Grande Camera, 16 luglio 2014, Alisic c. Bosnia Erzegovina
  • Corte EDU, 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TIC A.S. c. Bulgaria
  • Corte EDU, 13 dicembre 2016, S.C. Fiercolect Impex S.r.l. c. Romania

[1] L’impatto operativo del principio di proporzionalità lo si può riscontrare, a riprova, ad esempio nell’ipotesi del c.d. sequestro omnibus, definito – con tòno eufemico – “un sequestro dai contenuti molto estesi”. Laddove si intenda procedere alla “acquisizione indiscriminata di un’intera categoria di beni, nell’ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole res strumentali all’accertamento del reato”, bisogna adottare “una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione [1] del tipo di reato per cui si procede, [2] della condotta e [3] del ruolo attribuito alla persona titolare dei beni, [nonché] della difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro, con l’ulteriore precisazione che l’estrazione di copia integrale dei dati contenuti in dispositivi informatici e telematici realizza solo una copia-mezzo, che consente la restituzione del dispositivo, ma non legittima il trattenimento della totalità delle informazioni apprese oltre il tempo necessario a selezionare quelle pertinenti al reato per cui si procede. […] Ne consegue che il pubblico ministero: non può trattenere la copia integrale dei dati appresi se non per il tempo strettamente necessario alla loro selezione; è tenuto a predisporre una adeguata organizzazione per compiere la selezione in questione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano stati sequestrati a persone estranee al reato per cui si procede; compiute le operazioni di selezione, la copia integrale deve essere restituita agli aventi diritto”. È evidente, da queste affermazioni, che la ragionevolezza dell’intervento dell’autorità passa dal corretto bilanciamento degli interessi in gioco, in seno al quale il giudizio di proporzione costituisce un criterio-guida.