L’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi: questioni di diritto intertemporale
L’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi: questioni di diritto intertemporale
Cass., Sez. un., ud. 18 aprile 2024, Pres. Cassano, est. Silvestri (informazione provvisoria)
La questione
In data 14 novembre 2023 (dep. 21 novembre) veniva rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: “Se la disciplina del regime di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all’art. 270, comma 1, cod. proc. pen. – nel testo introdotto dall’art. 2 d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 e anteriore al d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137 – operi nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020 ovvero nel caso in cui solo quest’ultimo sia stato iscritto dopo tale data”.
Il contrasto
La V Sezione penale della Corte di Cassazione decideva, con ordinanza n. 46832 del 21 novembre 2023, di rimettere alle Sezioni Unite la soluzione del contrasto interpretativo inerente l’applicabilità del regime delle intercettazioni in procedimenti diversi ex art. 270 c.1 c.p.p. alla luce della disciplina transitoria introdotta dall’art. 2 d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 ed anteriore al d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137.
In apertura l’ordinanza di rimessione sottolinea come, pur a fronte delle suddette modifiche, debba considerarsi fermo l’insegnamento della corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. Un., n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, in C.E.D. n. 277395) sulla portata esegetica della locuzione “diverso procedimento”. Secondo il Supremo collegio non deve considerarsi diverso il procedimento solo in caso di impugnazioni connesse ex art. 12 c.p.p., ossia in presenza di “un legame sostanziale e non meramente processuale” tra il reato per cui è autorizzata la captazione e quello accertato in forza dei risultati dell’intercettazione; dovendosi giungere a conclusione contraria nelle ipotesi di collegamento investigativo ex art. 371 c.p.p.
Nel caso di specie, tale ipotesi di connessione non veniva in rilievo in quanto agli imputati era stato contestato in un procedimento il delitto associativo ex art. 416 c.1 e 3 c.p. i cui delitti scopo miravano a colpire la fede pubblica e nell’altro procedimento, invece, venivano ascritti agli imputati i fatti estorsivi denunciati dalla persona offesa per cui erano state autorizzate le captazioni.
Nel procedimento che ha dato origine alla questione la Procura aveva dapprima istaurato il procedimento per i fatti estorsivi denunciati dalla persona offesa disponendo in tale contesto le intercettazioni. A seguito della relazione investigativa del 23 luglio 2020 il Pubblico ministero aveva, poi, disposto l’apertura di un secondo fascicolo dando vita al procedimento per associazione ex 416 c.1 e 3 c.p. a carico degli imputati, acquisendo a detto fascicolo le intercettazioni effettuate nel primo procedimento. Emerge, pertanto, come le intercettazioni siano state disposte eseguite e transitate nel secondo fascicolo prima del 31 agosto 2020. V’è da aggiungere come, sulla base di tale compendio accusatorio, così formatosi, il Collegio d’appello aveva ritenuto sussistenti le esigenze cautelari in capo agli imputati ricorrenti.
Fermo restando che la soluzione della questione vada affrontata applicando la disciplina ex art. 270 c.1 c.p.p, i giudici remittenti hanno sottolineato come risulti imprescindibile comprendere se il testo in rilievo sia quello dell’art. 2 c. 8 D.l. n. 161/2019 (convertito con l.70/2020 ) secondo cui “ i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti ed indispensabili per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’art. 266 c.1 c.p.p.”
La novella, che disciplina i procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ha affiancato alla prima deroga al divieto di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi, costituita dai delitti per i quali è richiesto l’arresto in flagranza (previsione già presente nel testo antecedente), anche l’ulteriore deroga dell’accertamento dei reati ex art. 266 c.1 c.p.p.
Nel caso di specie per i reati ex art. 416 c.1 e 3 c.p., puniti con la reclusione da tre a sette anni, non è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza alla luce del disposto dell’art. 380 c.1 c.p.p., tuttavia, detti reati rientrerebbero nell’ipotesi di cui all’art. 266 c.1 lett a), che ammette le intercettazioni nei procedimenti relativi ai delitti colposi per cui è prevista la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni.
La modifica ha previsto, altresì, accanto al requisito dell’indispensabilità delle captazioni, anche quello della rilevanza delle stesse. Ciò implica un nuovo standard di valutazione del peso del mezzo di ricerca della prova dovendo il giudice esplicitare in motivazione la rilevanza e la imprescindibilità delle captazioni autorizzate nel procedimento a quo per la prova dei reati contestati nel procedimento ad quem.
Il contrasto, pertanto, verte sulla perimetrazione dei procedimenti a cui è applicabile l’art. 270 c.1 c.p.p. come modificato.
Secondo un primo orientamento, (inseritosi nel filone giurisprudenziale inaugurato da Sez. Un. 40538 del 24/09/2009 in C.E.D. n. 244378 e ribadito recentemente da Sez. 2, n. 22016 del 6/03/2019 in C.E.D. n. 276865 – 01 ), la locuzione “procedimenti iscritti successivamente al 31 agosto 2020” farebbe riferimento a tutte le notizie di reato che, dopo tale data, siano state oggetto di nuova ed autonoma iscrizione, quale che sia la forma utilizzata da PM.
L’esegesi in discorso ha valorizzato il dato secondo cui la norma transitoria, diversamente dalle precedenti che avevano indicato come parametro di riferimento il tempus di emissione dei provvedimenti autorizzativi delle captazioni, sia stata riscritta nel senso di riconoscere rilievo a tali fini all’iscrizione del procedimento. Ciò avrebbe la funzione di evitare la commistione di discipline diverse applicabili alle intercettazioni disposte nello stesso procedimento e spiegherebbe, altresì, che la locuzione “procedimenti iscritti successivamente al 31 agosto 2020” si riferisce ai procedimenti nel cui ambito si intendano utilizzare i risultati delle intercettazioni aliunde captate e non già ai procedimenti in cui le stesse siano state autorizzate. Ciò in ragione del fatto che è solo con riferimento alla c.d. circolazione extra-procedimentale del dato captativo che si pone la questione del divieto di utilizzabilità, non già nel procedimento nel quale le captazioni sono state autorizzate.
L’opposto approccio esegetico ha invece sottolineato come la novella che ha modificato l’art. 270 c.1 c.p., in parte de qua (procedimenti iscritti successivamente al 31 agosto 2020), non sia applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate prima del 31 agosto 2020 poiché la disciplina delle intercettazioni è entrata in vigore solo dopo l’ultimo intervento di proroga (Sez. 6, n. 9846/2022 dep. 2023; Sez. 6, n.47235 del 17/11/2021 n.m.).
In questa prospettiva il riferimento alla data di iscrizione del procedimento avrebbe la funzione di delimitare l’ambito di applicazione della disciplina e, pertanto, perseguirebbe l’obiettivo di escludere che essa trovi applicazione per le autorizzazioni che, sebbene disposte successivamente a tale data, siano relative a procedimenti iscritti anteriormente.
In ultima analisi, secondo detto orientamento, la disciplina non sarebbe applicabile rispetto ai provvedimenti autorizzativi disposti anteriormente al 31 agosto 2020, poiché per tali provvedimenti l’epoca di iscrizione del procedimento è per forza anteriore. Le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina e, quindi, disposte nel rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa vigente al momento della loro autorizzazione, non potrebbero mutare disciplina per effetto di sviluppi procedimentali successivi derivanti dall’esigenza di separare alcune posizioni o di trasmetterle ad altri uffici della Procura per ragioni di competenza.
Il riferimento alla data di iscrizione del procedimento servirebbe in quest’ottica soltanto a delimitare l’ambito di applicazione della disposizione ex art. 270 c.1 c.p.p. al fine di escluderne l’applicabilità ad autorizzazioni che, sebbene disposte successivamente al 31 agosto 2020, ineriscono procedimenti iscritti anteriormente a tale data.
Solo seguendo quest’opzione interpretativa si spiegherebbe la deroga alla regola del tempus regit actum, ordinariamente prevista per le norme processuali, in quanto inerente i provvedimenti autorizzativi che emessi dopo siano riferibili a procedimenti iscritti prima, realizzando così una sorta di ultrattività della disciplina antecedente anche oltre la data di entrata in vigore della nuova disciplina.
La soluzione
Le Sezioni Unite con informazione provvisoria diramata all’esito dell’udienza del 18 aprile 2024 hanno fornito soluzione al quesito evidenziando come: “La suddetta disciplina opera nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020. cod. proc. pen., art. 270; d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, art. 2; legge 28 febbraio 2020, n. 7; d.l. 10 agosto 2023, n. 105; legge 9 ottobre 2023, n. 137.”
Non resterà che attendere il deposito della motivazione al fine di comprendere il percorso logico argomentativo seguito dalla Corte.