Le ricadute processuali della violazione dell’obbligo di fonoregistrazione delle s.i.t.

Alessandro Valenti - 24/04/2024

 

 

Cass., sez. II, 24 gennaio 2024 (dep. 22 febbraio 2024), n. 8016

 

La “Riforma Cartabia” ha adeguato la disciplina della documentazione degli atti processuali al progresso tecnologico. La registrazione audio e la registrazione video delle dichiarazioni sono così divenute «forme ordinarie» di documentazione degli atti ex art. 134 c.p.p. (Relazione illustrativa al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, p. 221, in G.U. 19-10-2022, Supplemento straordinario n. 5).

L’intervento riformatore non ha affatto risparmiato le attività di polizia giudiziaria, e, in particolare, le modalità di assunzione delle sommarie informazioni testimoniali. Invero, la fonoregistrazione del colloquio è divenuta obbligatoria nella maggior parte dei casi, vuoi per la tipologia di reati, vuoi per la tipologia di dichiaranti, vuoi perché l’interessato la richiede. I casi di fonoregistrazione obbligatoria, previsti dall’art. 357 c.p.p., per l’appunto, sono tre: i) le indagini riguardano taluno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p., ossia quelli connotati da quella particolare complessità investigativa che giustifica il prolungamento dei termini di indagine; ii) le dichiarazioni vengono rese da soggetto minorenne, infermo di mente o che si trovi in condizioni di particolare vulnerabilità; iii) le indagini riguardano delitti diversi da quelli suindicati né il dichiarante versa nelle suddette condizioni di vulnerabilità, e tuttavia egli ha richiesto la fonoregistrazione (è un suo «diritto» del quale deve essere previamente avvertito ai sensi dell’art. 351, comma 1-quater, c.p.p.).

Nelle ipotesi sub i) e iii) la documentazione potrà essere condotta mediante le sole modalità cartacee in caso di contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, mentre nell’ipotesi sub ii) la sola assenza di risorse non esime dal ricorso al mezzo tecnologico, dovendo risultare, in via concorrente alla prima condizione, una situazione connotata da particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto.  

 

Quid iuris in caso di violazione dell’obbligo di fonoregistrazione?

Il legislatore prevede in forma espressa l’«inutilizzabilità» delle dichiarazioni, ma lo fa soltanto per il caso dei dichiaranti “fragili”. Negli altri due, il silenzio della legge chiama in causa l’interprete.

Con la sent. n. 8016/2024 la Corte di cassazione si è dunque interrogata – ci risulta – per la prima volta sulla rilevanza processuale della violazione in esame nell’ipotesi di sommarie informazioni rese in un procedimento per reati rientranti nel catalogo di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.

Secondo la Corte, la mancata fonoregistrazione non è suscettibile di tradursi in alcuna invalidità: non dà luogo ad inutilizzabilità, «dato che la sanzione non risulta espressamente prevista, il che indica la scelta del legislatore di non ritenere la documentazione aggravata un elemento che struttura lo statuto di tale prova»; neppure è foriera di produrre una nullità generale a regime intermedio per violazione delle prerogative difensive, «tenuto conto che l’accusato può sempre contestare sia la attendibilità della dichiarazione, che la credibilità dei suoi contenuti, sia nel corso dell’incidente cautelare, come in questo caso, sia nell’eventuale processo che si celebra con il rito abbreviato».

La valutazione condotta dai giudici di legittimità in tema di inutilizzabilità patologica è riferibile anche al caso diverso ma analogo dell’omessa fonoregistrazione richiesta dalla persona informata sui fatti. Non risulta che in dottrina sia stata sostenuta la tesi della inutilizzabilità per violazione di un divieto probatorio. Se la strada della inutilizzabilità è impervia, il sentiero diretto alla nullità per violazione del diritto di difesa non appare praticabile, posto che l’obbligo in esame è qui correlato all’interesse del dichiarante, non già a quello dell’indagato (v. Bonzano, p. 132).

 

Sembrerebbe di dover concludere che l’obbligo di fonoregistrazione, fuori dai casi di dichiarazioni rese da soggetti vulnerabili, sia privo di effettività, potendo al più rilevare sul piano disciplinare; sennonché, secondo i giudici di legittimità, la violazione procedimentale non è priva di ricadute processuali: il giudice viene ad essere gravato di «un onere di motivazione “aggravata”, sia in ordine alla attendibilità del dichiarante, che alla efficacia dimostrativa dei contenuti della dichiarazione».

Si direbbe che questo aggravio motivazionale funga –in un’ottica di compensazione – da garanzia della serietà di un giudizio di attendibilità che non ha potuto contare sulla (prevista) registrazione.

Questa esegesi è dichiaratamente ispirata nelle linee di fondo dal principio enunciato in Sez. III, 10 dicembre 2013, n. 3651 in C.E.D. Cass. n. 259088, secondo cui l’inosservanza dell’art. 351, comma 1-ter, c.p.p., a mente del quale «nei procedimenti relativi a determinati delitti, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero, non comporta la nullità delle dichiarazioni assunte, ma può assumere rilievo ai fini di una responsabilità disciplinare e può incidere sulla valutazione di attendibilità dei contenuti dichiarativi». Lo stesso principio potrebbe valere per il caso in esame, perché (anche) la fonoregistrazione è «funzionale a garantire la migliore decodifica dell’attendibilità, attraverso la predisposizione di un supporto fonico che consenta di apprezzare meglio la relazione tra intervistato ed intervistatore, e di conoscere non solo i contenuti della dichiarazione, ma anche le pause, le inflessioni, ovvero tutti gli elementi che concorrono a comporre “l’evento dichiarativo”».

 

Ma in cosa consiste la motivazione “aggravata”? La Corte non lo spiega. E tuttavia, affrontando il caso di specie, ritiene che il preteso onere motivazionale sia stato soddisfatto dal «vaglio analitico» condotto dal Tribunale, il quale riteneva credibili le dichiarazioni accusatorie «non solo sulla base della coerenza del narrato – valutato su base cartolare – ma tenendo conto di tutte le altre emergenze probatorie; e, segnatamente, del contenuto dei referti medici» e delle intercettazioni.

 

 

 

 

Bibliografia essenziale

Bonzano, La documentazione delle dichiarazioni: ancora incompiuto l’incerto cammino verso il sinolo aristotelico di sostanza e forma, in Spangher (a cura di), La Riforma Cartabia, Pacini giuridica, 2022, p. 115 e ss.; Cantone-Contieri, La polizia giudiziaria. Atti e attività, Laurus Robuffo, 2023, p. 182 e ss. e 264 e ss.; Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della Riforma Cartabia, in Sist. pen. online, 2 novembre 2022, p. 25 e ss.; Paulesu, art. 357, in Giarda-Spangher, Codice di procedura penale commentato, Wolters Kluwer, 2023, p. 1751.