Le nuove frontiere della Bloodstain Pattern Analysis: da fenomeni particolari a nuove tecnologie

Christian Pallante - 06/12/2021

La Bloodstain Pattern Analysis gioca ormai un ruolo cruciale nelle indagini tecnico-investigative.

Dalle prime scoperte di Edward Piotrowski, alla fine del XIX secolo, ad oggi questa scienza si è sviluppata sempre più. È stata cambiata la terminologia[1] e sono stati affinati i metodi di individuazione e raccolta delle tracce.

Ne è un esempio la tecnica che ha proposto la polizia olandese, per il repertamento di tracce ematiche all’interno della canna di un’arma da fuoco. In particolare, essa prevede l’utilizzo di materiale plastico – siliconico, il quale viene inserito nella canna medesima, così da creare un calco in grado di prelevare le macchie di sangue. Presentato presso il convegno internazionale della IABPA, detto studio ha rivoluzionato suddetta attività, dimostrando la non interferenza con le analisi del DNA, con la posizione e con la forma delle macchie stesse, andando così a sostituire i metodi precedenti, ritenuti ormai obsoleti e problematici[2]. Al contempo, si registrano anche studi peculiari su fenomeni particolari, come l’acqua marina[3], che potrebbero interferire con le macchie di sangue.

Ma, attualmente, detta disciplina si sta sviluppando anche sul versante tecnologico. Con particolar riguardo alla ricostruzione della scena criminis, c’è stata un’evoluzione dei sistemi informatici. Si è passati dai primi programmi, come Trajectories[4], che aiutano gli operatori nel trovare l’area di origine delle tracce ematiche, fino a nuovi metodi che implementano l’uso dell’intelligenza artificiale nella ricostruzione complessiva, come ad esempio il francese Crim 3.0[5].

Detti programmi permettono all’operatore, mediante l’uso del laser scanner, di esaminare e ricostruire lo scenario e le azioni che si sono susseguite su di esso. Ciò attenua gli ampi tassi di errore presenti nella tecnica dello stringing[6], scongiurando eventuali errori di calcolo.

A ciò si aggiunge, però, anche la speranza di alcuni esperti di settore, di un’estensione della procedura Analysis, Comparison, Evaluation and Verification (A.C.E.-V.), già utilizzata in dattiloscopia forense, anche in BPA, così da limitare, mediante verifiche svolte da altri soggetti, eventuali errori, sebbene vi sia letteratura che lo vede come eccessivamente soggettivo.

 

 

Bibliografia essenziale

  1. BERTI-F. BARNI-A. PACE, Analisi delle macchie di sangue sulla scena del crimine. Una guida pratica e teorica sulla Bloodstain Pattern Analysis, Milano, 2011, p. 278 ss.; T. BEVEL–R. M. GARDNER, Bloodstain Pattern Analysis. With an introduction to Crime Scene Reconstruction, III ed., Boca Raton, 2008, p. 218 ss.; U. BUCK-B. KNEUBUEHL-S. NÄTHER-N. ALBERTINI-L. SCHMIDT-M. THALI, 3D bloodstain pattern analysis: Ballistic reconstruction of the trajectories of blood drops and determination of the centres of origin of the bloodstains, in Forensic Science International, 2011, n. 208, p. 22 ss.; C. CONNOLLY-M. ILLES-J. FRASER, Affect of impact angle variations on area of origin determination in bloodstain pattern analysis, in Forensic Science International, 2012, n. 223, p. 233 ss.; J. FISHER, Forensic under Fire. Are Bad Science and Dueling Experts Corrupting Criminal Justice?, Rutgers, 2008, p. 121 ss.; M. HOUCK, Forensic Fingerprints, San Diego, 2016, p. 171 ss.; S. H. JAMES –P. E. KISH –T. P. SUTTON, Principles of Bloodstain Pattern Analysis. Theory and practise, Boca Raton, 2005, p. 67 ss.; H. MACDONELL, Bloodstain patterns, II ed., New York, 1993, p. 107 ss.; N. K. P. OSBOURNE-M. C. TAYLOR-M. HEALEY-R. ZAJAC, Bloodstain pattern classification: Accuracy, effect of contextual information and the role of analyst characteristics, in Science and Justice, 2016, n. 56, p. 123 ss.; W.R. ROWE, Errors in the determination of the point of origin of bloodstains, in Forensic Science International, 2006, n. 161, p. 47 ss.; R. SAFERSTEIN, Criminalistics: An introduction to Forensic Science, XII ed., New York, 2018, p. 95 ss.; T. P. SUTTON, L’analisi delle macchie di sangue (BPA), in AA.VV., Manuale delle investigazioni sulla scena del crimine, a cura di Curtotti – Saravo, II ed., Torino, 2019, p. 741 ss.

[1] Si è passati da una classificazione basata sulla velocità degli schizzi (bassa, media ed alta velocità), ad una classificazione incentrata sul fenomeno e sul tipo di azione che ha creato lo schizzo medesimo, specialmente grazie allo Scientific Working Group on Bloodstain Pattern Analysis (SWGSTAIN) dell’FBI.

[2] Ci si riferisce, in particolare, al metodo elaborato da Herbert MacDonell, consistente nell’utilizzo di una cannuccia di materiale assorbente da inserire all’interno della canna. Detto sistema si rivelò, però, particolarmente fallace, in quanto comprometteva sia le possibilità di effettuare analisi di DNA, sia la forma e la distribuzione delle tracce ematiche stesse.

[3] Trattasi di uno studio ancora in pubblicazione, presentato durante la conferenza annuale della International Association of Bloodstain Pattern Analysis (IABPA) del 2020, in cui sono stati esaminati gli effetti dell’acqua marina sulle tracce ematiche.

[4] Programma nato nel 1987, grazie al fisico Alfred Carter.

[5] Programma ricostruttivo creato dagli esperti Philippe Esperança e Roman Senatore, al fine di ricostruire l’intera scena. Detto sistema permette di osservare la scena del crimine, di inserire e vedere le foto dei reperti e di ricreare le azioni sviluppatesi durante l’evento criminoso.

[6] Esso normalmente è pari a 2-3° nel caso di macchie con angolazione tra 10° e 45°, a 6-7° nel caso di angolazioni tra 45° e 60° e cresce drasticamente nel caso di macchie con angoli superiori a 60°.