Le intercettazioni preventive antimafia
Commento a Cass., sez. II, 19 gennaio 2016, n. 4777, in CED Cass., n. 266234.
Nel 2011 la complessa normazione in tema di intercettazioni preventive viene ulteriormente implementata: l’art. 78 del Codice antimafia[1], riproponendo la disciplina già sperimentata con la l. 646/1982, introduce la possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche e telematiche anche per prevenire la reiterazione di attività o comportamenti criminosi per i quali è già stata applicata una misura di prevenzione personale.
Più nel dettaglio, la nuova species captativa consente agli ufficiali di polizia giudiziaria di richiedere al procuratore della repubblica del luogo dove le operazioni devono essere eseguite l’autorizzazione ad eseguire le intercettazioni telefoniche, telegrafiche, nonché le “altre comunicazioni e conversazioni” (ex art. 623 bis c.p.), tutte le volte in cui si «ritenga necessario al fine di controllare i soggetti nei cui confronti sia stata applicata una misura di prevenzione» personale.
Gli ultimi due commi dell’art. 78 definiscono il regime di probatorio dei dati captati: esplicitando il divieto di qualsiasi forma di utilizzazione degli stessi, si prevede che gli stessi possono solo servire per la prosecuzione delle indagini e che tutte le registrazioni e le trascrizioni effettuate, una volta depositate in procura, devono essere distrutte[2].
Ma la giurisprudenza più recente ha fornito un’interpretazione “estensiva” del dictum.
Più precisamente, la Suprema corte statuisce che la richiesta di autorizzazione delle intercettazioni giudiziarie possa legittimamente fondarsi sui risultati dell’attività captativa eseguita sulla base del dictum di cui all’art. 79 del Codice antimafia: a parere dei giudici di legittimità, infatti, i limiti di utilizzabilità previsti dal comma terzo della disposizione escludono che le conversazioni captate assumano valore di prova o di indizio cautelare ma non anche che tali conversazioni possano essere poste a fondamento di un successivo provvedimento di autorizzazione all’esecuzione di intercettazioni telefoniche o ambientali, essendo quest’ultima un’attività correlata alla specifica fase della prosecuzione delle indagini che non assume diretto valore processuale.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme
Cass., sez. un., 25 marzo 2010, n. 13426, in C.E.D. Cass., n. 246271
Bibliografia essenziale
A. Cisterna, Il codice antimafia tra istanze compilative e modelli criminologici, in Dir. pen. proc., 2012, p. 213 ss.; Id., L’impegno a varare opportuni testi integrativi fa sperare in un corpus normativo più completo, in Guida dir., 2011, n. 41, p. 84 ss.; F. Menditto, Codice antimafia, Napoli, 2011; F. Fiorentin, Le misure di prevenzione personali. Nel codice antimafia, in materia di stupefacenti e nell’ambito di manifestazioni sportive, Milano, 2012; A. Dello Iacovo, Il “Codice Antimafia” (D.lgs. 159/2011): la cronaca di un’occasione mancata, in La Corte d’assise, 2011 n. 2; G. Fiandaca–C. Visconti, Il Codice delle leggi antimafia: risultati, omissioni, prospettive, in Legislaz. pen., 2012, p. 3 ss.; P. Gaeta, Le intercettazioni dichiarate inutilizzabili decadono agli effetti di qualsiasi tipo di giudizio. Dalle Sezioni unite un forte richiamo alle garanzie del giusto processo, in Guida dir., 2010, f. 19, p. 45.; W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi. Riflessi sul procedimento probatorio, Cedam, 2019.
Note
[1] D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”, in Guida dir., 2011, n. 15, p. 9 ss.
[2] Ai sensi dell’art. 78, comma 3. Gli elementi acquisiti attraverso le intercettazioni possono essere utilizzati esclusivamente per la prosecuzione delle indagini e sono privi di ogni valore ai fini processuali. Ai sensi del comma 4, Le registrazioni debbono essere trasmesse al procuratore della Repubblica che ha autorizzato le operazioni, il quale dispone la distruzione delle registrazioni stesse e di ogni loro trascrizione, sia pure parziale.
Wanda Nocerino – Assegnista di ricerca in diritto processuale penale presso l’Università di Foggia