Le intercettazioni preventive a rischio di osmosi processuale

Wanda Nocerino - 29/03/2021

Commento a Cass., sez. V, 27 settembre 2000, n. 11500, in Guida dir., 2001, f. 2, p. 109 ss.

Una delle questioni più dibattute in tema di intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni, inerisce ai limiti di impiego dei risultati investigativi che ne derivano e ciò tanto in rapporto alle captazioni ante delictum di polizia che d’intelligence (art. 226 disp. att. c.p.p.).

La quaestio concerne la possibilità di attribuire agli elementi acquisiti attraverso le operazioni di ascolto e controllo la qualifica di notitia criminis, ovvero escludere una simile opzione ermeneutica mancando i presupposti necessari per trasformare un mero “fatto” in notizia di reato qualificata, idonea a legittimare – una volta avvenuta l’iscrizione nell’apposito registro – l’avvio dell’iter procedimentale.

In questo contesto, si insinua la pronuncia in commento, per cui in rapporto alle intercettazioni preventive d’intelligence la Corte ribadisce il principio per cui è da considerarsi «legittima l’utilizzazione delle informazioni assunte nel corso delle intercettazioni preventive quali notitiae criminis sulle quali fondare una richiesta al GIP di emissione di decreto autorizzativo di intercettazioni a fini probatori, giacché il divieto di utilizzazione posto dall’art. 25 ter D.L. n. 306 del 1992, convertito in L. n. 356 del 1992, concerne la prova del reato, non già la funzione di mera fonte della relativa notizia, senza che, peraltro, sia perciò configurabile un contrasto della norma citata con l’art. 15 Cost. nella parte in cui essa non prevede espressamente anche il divieto di utilizzazione delle suddette intercettazioni preventive quali notizie di reato, atteso che il rispetto dell’art. 15 Cost. è garantito dal fatto che il pubblico ministero, ottenuta la notizia, deve ricercare gli elementi necessari al fine di determinarsi all’esercizio dell’azione penale, e perciò deve, in ogni caso, fare ricorso ad una fonte diversa, ancorché, eventualmente, omologa».

Nulla di nuovo. Nel vigore dell’art. 25 ter, d.l. 306/1992, e, prima ancora, durante la vigenza dell’art. 226 sexies c.p.p. 1930, la dottrina e la giurisprudenza erano concordi nell’attribuire agli elementi acquisiti in sede di intercettazione preventiva funzione autonoma di notizia di reato, sul presupposto che «in caso contrario si sarebbe vanificato il senso del meccanismo creato e si sarebbe menomato lo stesso scopo della norma»[1].

Allo stato dell’arte, invece, l’attuale dettato normativo di cui al comma 5 dell’art. 226 disp. att. c.p.p. sembra, tuttavia, propendere per una soluzione differente.

Da un’accurata disamina del disposto, si evince che il divieto di menzione, di deposizione e di divulgazione non risulta limitato alle sole «notizie» acquisite nel corso del pre–procedimento ma estende i suoi effetti anche alle «attività di intercettazione preventiva di cui ai commi precedenti».

Di qui, come rilevato, «l’eventuale notizia di reato appresa nel corso di tali attività rimarrebbe avvolta nel mistero per quanto riguarda i tempi e i modi della sua acquisizione con evidente pregiudizio per la linearità e la trasparenza della fase germinale dell’inchiesta»[2].

Inoltre, le notizie apprese in sede di intercettazioni e controlli preventivi non detengono i contenuti minimi richiesti per poter integrare gli estremi di una notitia criminis, mancando «la concretezza e la specificità»[3]; caratteristiche, queste, che consentono di attribuire materialità all’informazione ricevuta, distinguendola da mere congetture o illazioni e, più in generale, da ogni elemento cognitivo vago e indeterminatoari.

In effetti, in sede di attività preventiva può emergere qualche dato che evochi la possibilità di configurare un reato (indizio o sospetto) ma al fine di saggiare la consistenza di tale deduzione è doveroso svolgere accertamenti ricorrendo alle attività investigativa processuale.

In sostanza, i dati ottenuti tramite intercettazioni e controlli preventivi rappresentano “sospetti” o “indizi” di reato, cioè fatti dai quali è possibile dedurre, per lo più attraverso massime di comune esperienza, l’esistenza di ulteriori fatti, ma «solo questi [ultimi] possono essere riferiti al frammento nucleare del reato e non già i primi»[4].

Di conseguenza, l’informazione di cui si abbia la disponibilità in fase preventiva non può costituire una notitia criminis dal momento che «il sospetto è un elemento che agisce prima e fuori dal processo»[5], servendo esclusivamente ad indirizzare le indagini pre–procedimentali.

 

Bibliografia essenziale

  1. Agostini, La disciplina delle intercettazioni preventive nel sistema antiterrorismo, in Dir. pen. cont., n. 1, 2017, p. 143 ss.; A. Calò, sub art. 226 disp. att. c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda–G. Spangher, II ed., Milano, 2001, p. 2545; R. Cantone–L. A. D’Angelo, Una nuova ipotesi di intercettazione preventiva, in Aa. Vv., Le nuove norme di contrasto al terrorismo, a cura di A.A. Dalia, Milano, 2006, p. 54 ss.; A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996, p. 109 ss.; F. Caprioli, Le disposizioni in materia di intercettazioni e perquisizioni, in Aa. Vv., Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, a cura di G. Di Chiara, Torino, 2002, p. 5; L. Cercola, Le intercettazioni nella dinamica del processo penale, Torino, 2016, p. 460 ss.; G. Colombo, Commento all’art. 226 disp. coord. c.p.p., in Commentario al nuovo codice di procedura penale, diretto da E. Amodio–O. Dominioni, Appendice, a cura di G. Ubertis, Milano, 1990, p. 158; A.A. Dalia–M. Ferraioli, Manuale di diritto processuale penale, X ed., Padova, 2018, p. 552 s.; F. De Leo, L’irrisolto presente e un possibile futuro delle intercettazioni preventive, in Cass. pen., 1998, p. 1862; R. Dinacci, Commento all’art. 266 c.p.p., in Codice di procedura penale ipertestuale, a cura di A. Gaito, Torino, 2001, p. 867; G. Di Paolo, voce Prova informatica (diritto processuale penale), in Enc. dir., VI, Milano, 2013, p. 748 ss.; L. Filippi, Intercettazioni, tabulati e altre limitazioni alla segretezza delle comunicazioni, in Aa. Vv., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, diretto da G. Spangher–A. Marandola–G. Garuti–L. Kalb, Milano, 2015, p. 1118 ss.; Id., Intercettazioni preventive, in Aa. Vv., Procedura penale. I Dizionari sistematici, a cura di G. Spangher, Milano, 2008, p. 9 ss.; Id., L’intercettazione di comunicazioni, Milano, 1997, p. 61 ss.; L. Filippi–M.F. Cortesi, voce Intercettazione preventiva di comunicazioni, in Enc. giur., XII, Roma, 2004, p. 2 ss.; G. Fumu, sub art. 226 disp. att. c.p.p., cit., p. 146 ss.; N. Gallo, Le intercettazioni e i controlli preventivi sulle comunicazioni, in Riv. pol., 2008, f. 10, p. 633 ss.; G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, XIII ed., Torino, 2018, p. 285 ss.; G. Melillo, Le recenti modifiche alla disciplina dei procedimenti relativi ai delitti con finalità di terrorismo o eversione, in Cass. pen., 2002, f. 3, p. 904 ss.; C. Marinelli, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, Torino, 2007, p. 56 ss.; G.G. Mezio, sub art. 226 disp. att. c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda–G. Spangher, V ed., Milano, 2017, p. 1062 ss.; L. Pistorelli, Intercettazioni preventive ad ampio raggio ma inutilizzabili nel procedimento penale, in Guida dir., 2001, n. 42, p. 83 ss.; D. Siracusano–F. Siracusano, Le prove, in Aa. Vv., Diritto processuale penale, a cura di G. Di Chiara–V. Patanè–F. Siracusano, Milano, 2018, p. 318 ss.; P. Tonini, Manuale di procedura penale, XIX ed., Milano, 2018, p. 417 s.; A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale. Tra garanzie e prospettive di riforma, Padova, 2011, p. 40 ss.; N. Ventura, Sul concetto di intercettazione preventiva di comunicazioni telematiche, in Ind. pen., 2005, n. 2, p. 559 ss.; A. Virgilio, Il nuovo regime delle intercettazioni preventive, in Giust. pen., 2002, f. III, p. 545 ss.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conforme

Cass., sez. V, 16 agosto 1998, n. 4977, in C.E.D. Cass., n. 211620; Id., sez. VI, 16 aprile 1984, n. 1194, in Cass. pen., 1985, p. 1871

 

[1] Così G. Di Chiara, sub art. 25 ter, d.l. 8/6/1992, n. 306, in Legislaz. pen., 1993, p. 255.

[2] Si esprime così F. Caprioli, Le disposizioni in materia di intercettazioni e perquisizioni, in Aa. Vv., Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, a cura di G. Di Chiara, Torino, 2002, p. 25. Nello stesso senso, anche, L. Filippi–M.F. Cortesi, voce Intercettazione preventiva di comunicazioni, in Enc. giur., XII, Roma, 2004, p. 9.

[3] Così R. Aprati, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, Napoli, 2010, p. 8 ss.

[4] Cfr. R. Aprati, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, cit., p. 17.

[5] Così G. Aricò, voce Notizia di reato, in Enc. dir., XXVII, Milano, 1979, p. 759.

 

Wanda Nocerino – Assegnista di ricerca in diritto processuale penale presso l’Università di Foggia