La Suprema Corte sul regime probatorio della registrazione fonografica “assistita”

Alessandro Valenti - 09/05/2023

Cass., sez. II, 21 settembre 2022 (dep. 6 dicembre 2022), n. 46185

  1. Qual è il regime probatorio della registrazione fonografica effettuata da uno dei conversanti?

Nulla quaestio laddove il captante non operi su impulso o con il supporto della p.g.: la registrazione ha natura di documento ex art. 234 c.p.p., sempre che chi registra sia ammesso alla conversazione, vertendosi, altrimenti, in fattispecie di intercettazione (Sez. VI, 17 dicembre 2019, n. 5782, Dir. pen. e proc., 2020, 1339; Sez. un., 28 maggio 2003, n. 36747, Torcasio, Giur. it. 2004, 2153).

La questione è controversa quando il privato che registra sia assistito nell’attività di captazione dalla polizia giudiziaria, come nel caso di cui alla sentenza in commento, che vede le forze dell’ordine procedere con la video-registrazione della chiamata effettuata dalla persona offesa in “viva voce” con l’autore dell’estorsione; ciò accadeva presso la stazione dei carabinieri, ove la persona offesa si era recata per denunciare un’estorsione. Invero, risultano numerose pronunce giurisprudenziali consapevolmente contrastanti, concordi solo nel ritenere che la registrazione del “privato assistito” non sia una forma di intercettazione ambientale ex artt. 266 c.p.p. e ss.

 

2.1 Per alcune decisioni, la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d’iniziativa da uno dei partecipi, anche se su impulso della p.g. e/o con strumenti forniti da quest’ultima e con la specifica finalità di precostituire una prova da far valere in giudizio, è una prova documentale (Sez. II, 6 luglio 2022, n. 40148, in C.E.D. Cass. n. 283977; Sez. II, 21 ottobre 2016, n. 3851, ivi, 269089). Lo stesso vale per la registrazione di conversazione telefonica (Sez. II, 6 ottobre 2016, n. 50986, ivi, 268730; Sez. VI, 24 febbraio 2009, n. 16986, Cass. pen., 2010, 3178).

La tesi si fonda sul principio, enunciato dalle Sezioni unite Torcasio (Sez. un., 28 maggio 2003, n. 36747, cit.), secondo cui la registrazione di un colloquio ad opera di un soggetto ammesso ad assistervi non è un’intercettazione, difettando la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione e la “terzietà” del captante, bensì una forma di memorizzazione fonica di un fatto, della quale l’autore può disporre, salvi i divieti di divulgazione che si fondano sull’oggetto della comunicazione o sulla qualità del partecipe (Sez. II, 6 luglio 2022, n. 40148, cit.).

 

2.2. Secondo altre sentenze, la registrazione di conversazioni effettuata da un privato su impulso della p.g. è una vera e propria attività investigativa, la quale comprime il diritto alla segretezza con finalità di accertamento processuale. Si imporrebbe, pertanto, l’adozione di un provvedimento autorizzativo del giudice o, almeno, un decreto motivato del pubblico ministero (SezIV, 11 luglio 2017, n. 48084, Cass. pen., 2937; Sez. VI, 7 aprile 2010, n. 23742, ivi, 2011, 3505).

Questa tesi esclude la riconducibilità della registrazione ai documenti in base a quanto affermato nella sentenza Prisco con riferimento alle video-registrazioni (Sez. un., 28 marzo 2006, n. 26795, ivi, 2006, 3937), avendo le Sezioni unite chiarito che la disciplina processuale sui documenti riguarda quelli formati fuori (anche se non necessariamente prima) e, comunque, non in vista e in funzione del processo nel quale si chiede o si dispone che entrino. Dunque, in quell’arresto si affermava che le videoregistrazioni effettuate dalla p.g. nel corso delle indagini vanno incluse – piuttosto che tra i documenti – tra le prove atipiche ex art. 189 c.p.p. Analogamente, secondo questo filone giurisprudenziale, la registrazione fonografica eseguita da uno degli interlocutori d’intesa con la p.g. non è un “documento”, ma una «documentazione di un’attività d’indagine», «dato l’uso investigativo dello strumento di captazione che in tal caso viene realizzato».

Neppure si verte in materia di intercettazione, bensì di prova atipica. Per la Suprema Corte, la registrazione incide, in effetti, sul diritto alla segretezza tutelato dall’art. 15 Cost., e, dunque, postula un controllo dell’autorità giudiziaria; questo controllo, tuttavia, non implica il rispetto degli artt. 266 c.p.p. e ss., in quanto le registrazioni fonografiche, «essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla conversazione», comportano «un minor grado di intrusione nella sfera privata» rispetto alle intercettazioni. Sarebbe sufficiente, per rispettare la riserva di giurisdizione, «un livello di garanzia minore», soddisfatto dal decreto del p.m. (Sez. VI, 7 aprile 2010, n. 23742, cit.).

 

2.3. Vi è poi un terzo indirizzo, promosso dalla sentenza in commento.

La pronuncia condivide l’assunto secondo il quale la registrazione di conversazioni da parte di interlocutore “consapevole”, ove effettuata “durante il” o “in funzione del” procedimento, non è un documento, come «affermato, in modo lapidario», anche dalla Corte costituzionale (Corte cost., 4 dicembre 2009, n. 320, in Cass. pen. 2010, 1399).

Tuttavia, non sarebbe necessaria neppure l’autorizzazione motivata del p.m. La tesi opposta, per il Collegio, è errata, fondandosi sull’«estensione dell’operatività dello statuto delle intercettazioni»; un’estensione «indebita», non vertendosi in materia di intercettazioni, ma di prove atipiche. Ciò che rileverebbe ai fini dell’utilizzabilità della registrazione, trattandosi di prova atipica, è che, mediante la stessa, non vengano violati (o meglio: elusi) gli statuti delle prove tipiche.

La violazione della disciplina delle intercettazioni andrebbe esclusa, atteso che la circostanza che uno dei due interlocutori sia consapevole della registrazione fa sì che tale attività incida sul diritto alla riservatezza, che gode di una protezione minore rispetto al diritto alla segretezza.

Allo stesso modo, andrebbe esclusa la violazione della disciplina della testimonianza, posto che la registrazione «si risolve nella incisione su supporto di dati che possono essere riferiti sia dall’interlocutore consapevole, che dall’ufficiale di polizia giudiziaria che vi assiste»: il primo ha «”facoltà” di riferire il contenuto della registrazione prima del procedimento e l’”obbligo” di riferirlo a procedimento avviato, sia in fase investigativa, che dibattimentale»; il secondo può riferire su tali dati perché «assiste ad un “evento” – la conversazione – essendo stato autorizzato dall’interlocutore (che in tal modo dispone legalmente del suo diritto alla riservatezza) in contesto, non riconducibile alla verbalizzazione delle sommarie informazioni testimoniali», «ovvero l’unica attività cui si riferisce il divieto previsto dall’art. 195 comma 4».

La Corte aggiunge che «non si registra alcuna lesione del contraddittorio correlata all’assorbimento della registrazione nel fascicolo del dibattimento, in quanto prova atipica irripetibile, dato che l’interlocutore consapevole potrà essere sentito in dibattimento su modalità e contenuti della conversazione registrata».

 

  1. È evidente che la giurisprudenza, rispetto alla questione in esame, è particolarmente frammentata. La necessità della Suprema Corte di svolgere la funzione nomofilattica richiede la remissione alle Sezioni unite, che dovrebbero chiarire se la registrazione di conversazioni da parte di interlocutore “assistito” dalla p.g. sia, e a quali condizioni, un documento, un’intercettazione o una prova atipica, e se, in tal caso, sia necessaria l’adozione di un provvedimento del giudice, o, quantomeno, del p.m.

 

Dottrina

 

Caprioli, Colloqui riservati e prova penale, Torino, 2000, 213; Centorame, Registrazioni “occulte” di conversazioni tra presenti e ricerca della prova, in Giur. it., 2011, 1399; Colamussi, Comunicazioni a distanza apprese dall’inquirente per volontà di un investigatore, in AA.VV., Le indagini atipiche, a cura di Scalfati, Giappichelli, 2019, 33; Dinacci, L’irrilevanza processuale delle registrazioni di conversazioni tra presenti, in Giur. It., 1994, 68; Procaccino, Prove atipiche, in AA.VV., La prova penale, Il sistema della prova, a cura di Gaito, Utet giuridica, 2008, 265.