La riforma delle intercettazioni preventive d’intelligence

Wanda Nocerino - 26/10/2023
  1. La complessa manovra finanziaria approvata per l’anno 2023 contiene una riforma delle intercettazioni preventive effettuate dai Servizi di informazione per la sicurezza, introdotte nell’ordinamento italiano nel 2005 (art. 4, d.l. 144/2005) come strumento di contrasto al terrorismo internazionale[1].

Si tratta di attività tecniche eseguite ante delictum ed assolutamente inutilizzabili nel procedimento penale, dirette «a raccogliere informazioni utili per la prevenzione di gravi reati e non per l’acquisizione di elementi finalizzati all’accertamento della responsabilità per singoli fatti delittuosi»[2]. In sostanza, rappresentano captazioni di conversazioni o comunicazioni (telefoniche, ambientali, domiciliari o telematiche) e attività di monitoraggio sulle comunicazioni, espletabili anche in assenza di un procedimento penale, «a prescindere dall’esistenza di una notitia criminis e dall’obiettivo di raccogliere prove utilizzabili in giudizio»[3].

In altri termini, non sono né intercettazioni giudiziarie, regolamentate dal codice di procedura penale negli artt. 266 ss., né intercettazioni preventive di polizie regolate dall’art. 226 disp. att. c.p.p. Sono un terzo genus, ossia intercettazioni effettuate dai Servizi d’intelligence all’interno della loro attività di sicurezza ed informazione.

Da molto tempo si attendeva una modifica dell’istituto, vuoi perché nella realtà investigativa se ne fa ormai un uso sempre più crescente, vuoi perché, con altrettanta frequenza, i risultati informativi provenienti da quelle intercettazioni finiscono per essere importanti ai fini dell’inizio dei procedimenti penali refluendo finanche nel materiale probatorio utile per la decisione del giudice; il che, negli anni, non ha mancato di generare confusione, rappresentando un escamotage alle regole probatorie tipiche dei mezzi di ricerca della prova, e confondendo ruoli, funzioni, garanzie[4].

Di qui, se ne auspicava una revisione al pari di quanto accade in altre parti del mondo[5].

In misura inaspettata, la riforma è arrivata. In una proposta emendativa al disegno di legge di stabilità e bilancio 2023[6] fortemente voluta dal Ministro della Giustizia, compare una previsione che, oltre ad apportare modifiche di sistema alla disciplina relativa alle intercettazioni svolte per fini di intelligence, prevede che le spese relative a tali operazioni captative, attualmente a carico del Ministero della Giustizia, vengano imputate all’apposito programma di spesa concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze[7].

Non senza resistenze provenienti dall’opposizione[8], la proposta supera il vaglio preliminare di ammissibilità e l’emendamento viene approvato dalla V Commissione il 20 dicembre scorso[9]. Poi, assieme alla manovra finanziaria che la ospita, è diventata legge il 29 dicembre 2022 (l. n. 197/2022).

Non abbiamo difficoltà a dirlo da subito. Da una riforma dell’istituto, ci si poteva aspettare qualcosa di più.

Del resto, una volta intrapresa la strada di una rivisitazione di questo strumento intercettivo che risulta da sempre “politicamente” ispido, vuoi perché ad uso dei servizi segreti e vuoi perché tangente il processo penale, si doveva provare a rimuovere le criticità realmente esistenti e messe a nudo dalla dottrina negli ultimi mesi[10].

Insomma, pur apprezzando il nobile intento che anima la novella[11], il risultato cui giunge è parziale e non del tutto condivisibile. La legge interviene sul testo normativo per operare alcuni ritocchi di forma senza alterare la sostanza della disciplina. L’impianto normativo, di fatto, rimane identico rispetto al passato, portando con sé tutte le criticità che da sempre attanagliano l’istituto. Si pensi alle questioni inerenti alla complessa individuazione dei soggetti legittimati alla richiesta a procedere[12], alle criticità riscontrate in rapporto alla scelta di attribuire al p.m. la titolarità dell’autorizzazione a procedere e alla presunta violazione del dettato costituzionale di cui all’art. 15 Cost.[13], ai limiti contenutistici del decreto autorizzativo e al rischio delle c.d. “deleghe in bianco”[14].

Si rimane altrettanto delusi riflettendo sul potenziale inesplorato della riforma, cioè su quanto si sarebbe potuto fare e non si è fatto. Nell’urgenza di procedere ad una modifica dell’istituto delle captazioni d’intelligence – peraltro inserendola nell’ambito della manovra di bilancio dal contenuto rigidamente vincolato –, la novella perde l’occasione per fare chiarezza su ulteriori aspetti della disciplina e, soprattutto, di intervenire sulle altre species di intercettazioni e controlli preventivi che pure esistono nel panorama giuridico nazionale.

 

 

  1. Prima ancora di analizzare le modifiche legislative, è opportuno cercare di comprendere la ratio sottesa all’intervento legislativo, che a primo acchito sembra poco chiara. Mal si concilia la riforma di un istituto “investigativo” con una sede normativa istituzionale qual è la legge di bilancio.

Non avendo trovato appigli interpretativi all’interno delle disposizioni e della relazione di accompagnamento, ci si è rifatti alle linee programmatiche illustrate dal Ministro della Giustizia in seno alle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato. Ed infatti, in quell’occasione, il Ministro ribadisce l’importanza di procedere (in futuro) ad una «profonda revisione del sistema delle intercettazioni [giudiziarie]»[15], considerando la disciplina attuale – per come è costruita – «[…] un pericolo per la riservatezza e l’onore delle persone coinvolte […] determina[ndo] sostanziali violazioni, quasi blasfeme, del dettato di cui all’art. 15 Cost.»[16].

Il Ministro chiarisce che, oltre all’esigenza di garantire la tutela dei diritti dei soggetti anche solo indirettamente coinvolti nelle operazioni captative, una modifica delle intercettazioni processuali si spiega per esigenze prettamente economiche. Richiama i dati statistici disponibili che dimostrano come, nel 2021, i soggetti sottoposti a captazioni sono pari a 70 mila, per un totale di 150.000 intercettazioni autorizzate nell’anno di riferimento con un ammontare complessivo di spesa pari a 12.785.338,67 euro[17]. Dal che, profila come urgente una riforma che operi cospicui tagli sulle intercettazioni giudiziarie. Non a caso, la manovra di bilancio presenta una riduzione delle spese di giustizia per le intercettazioni di 1.575.136 euro annui, a decorrere dal 2023 (art. 880, l. 197/2022).

Anche le intercettazioni preventive vengono sottoposte a questa attenta riduzione dei costi. Ma l’operazione è ancora più drastica. La novella sposta i costi dal comparto Giustizia al comparto Sicurezza, imputando nel dettaglio i costi delle captazioni all’apposito programma di spesa concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 1, comma 684, l. 197/2022).

Evidente, dunque, una timida coerenza rispetto alla natura della legge che ospita la modifica.

Ma, in verità, questo spostamento di “competenza” economica, porta con sé un effetto molto più significativo rispetto alla causa che gli ha dato origine, ossia gli elevati costi della giustizia. S’intende dire che rendendo autonomo il comparto sicurezza nella gestione finanziaria delle intercettazioni preventive, si è riusciti nell’intento di garantire e rafforzare la segretezza delle informazioni sensibili acquisite, arrivando altresì ad assicurare l’estraneità dei dati ottenuti dalle logiche investigative dei processi penali[18].

In altre parole, la modifica sembra riuscire a garantire la maggiore segretezza possibile dei dati captati ante delictum, e ciò è di estrema importanza tanto per la riservatezza dei soggetti coinvolti nelle operazioni intercettive quanto per l’argine che si crea alle indebite contaminazioni con il procedimento probatorio e – soprattutto – tra i due comparti, sicurezza e giustizia.

La scelta di sottrarre la “competenza” di spesa al Ministero della Giustizia non significa solo infierire sull’amministrazione delle risorse economiche, quanto intervenire sulla gestione delle informazioni ottenute, consentendo di evitare che i dati acquisiti possano essere trasferiti e conservati da un organo esterno e, dunque, impedendo «la circolazione al di fuori del comparto di intelligence di documentazione […] contenente elementi di natura sensibile […] che rende riconoscibile l’attività dei Servizi di informazione, determinando un evidente vulnus alle esigenze di riservatezza delle suddette operazioni»[19].

 

 

  1. Venendo all’esegesi del dato normativo, si cominci col dire che il legislatore di fine anno non intende tradire l’ideologia che aveva animato la riforma del 2005[20] che, anziché puntare ad un’integrazione della disciplina prevista per le intercettazioni preventive di polizia, di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p., scelse di introdurre una nuova forma di intercettazione preventiva ad appannaggio esclusivo dei Servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica. Di novità quella novella, rispetto alle captazioni di polizia, prevedeva solo diversi protagonisti[21] e diversi presupposti applicativi[22], mentre, per quanto concerne il modus operandi, faceva un mero rinvio alle previsioni contenute nei commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 226 disp. att. c.p.p. Intendiamo dire, insomma, che la riforma del 2005 ha provveduto a tipizzare una nuova species di captazione ante delictum solo formalmente, posto che la disciplina risulta identica a quella prevista per le intercettazioni preventive di polizia.

Con la recentissima modifica in commento, il legislatore fa un passo ulteriore: superando la fallimentare tecnica del rinvio, sancisce la definitiva autonomia dell’istituto delle intercettazioni preventive d’intelligence che, quindi, finisce per trovare una integrale regolamentazione negli artt. 4 e 4 bis, d.l. 144/2005. Il che le dà una identità politica ed operativa di spessore, di cui non si può non tenere conto.

Per contro, ad una rivitalizzazione d’immagine non segue una trasformazione di contenuto. La disciplina non subisce modifiche particolarmente incisive: la riforma, in alcuni casi, si limita a riprodurre il contenuto pressoché integrale dell’art. 226 disp. att. c.p.p., in altri procede a minimi ritocchi linguistici e/o sistematici che – sì – migliorano l’istituto ma – di certo – non ne alterano la struttura.

Ciò consente di affermare, con una certa convinzione, che la nuova normativa in tema di intercettazioni preventive d’intelligence rimane pressoché invariata rispetto al passato, salvo alcune innovazioni formali che contribuiscono a conferire maggiore coerenza al dato normativo. 

 

 

3.1. La prima novità riguarda il contenuto dell’art. 4, comma 1, d.l. 144/2005: se, in passato, la normativa operava un mero richiamo alle previsioni di cui al comma 1 dell’art. 226 disp. att. c.p.p., la novella individua la tipologia di attività rientranti nelle operazioni intercettive esperibili dai Servizi d’intelligence: «lintercettazione di comunicazioni o conversazioni, anche per via telematica, nonché l’intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti, anche se queste avvengono nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p.».

Non si è ampliato l’ambito operativo delle intercettazioni preventive, né attribuiti maggiori poteri al comparto d’intelligence: il richiamo analitico alle singole species di captazioni esperibili è solo una modifica “estetica”, limitandosi a “palesare” le singole operazioni che (da sempre) possono compiere gli uomini d’intelligence. Dunque, nessun cambiamento significativo.

Maggiori riflessioni meritano i presupposti legittimanti il decreto autorizzativo del procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, ossia che le intercettazioni risultino indispensabili alle attività dei Servizi (quelle di cui agli artt. 6 e 7, l. 3 agosto 2007, n. 124)[23].

Nel Dossier del Servizio Studi del Senato, si legge: «[N]ella disciplina vigente […], il procuratore generale adotta il decreto [autorizzativo] qualora vi siano elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione e lo ritenga necessario. […] Invece la novella prevede che – non essendoci elementi investigativi nelle operazioni dei Servizi – l’autorizzazione si basi esclusivamente sul fatto che tali intercettazioni risultino “indispensabili per l’espletamento delle attività demandate” ai Servizi»[24].

Dal tenore del Dossier, sembra che la novella sia scritta al fine di assottigliare le maglie di accesso all’istituto, eliminando la previsione per la quale, ai fini dell’autorizzazione a procedere, sia necessaria la presenza di elementi “informativi” atti a giustificare la valutazione del procuratore circa l’indispensabilità delle operazioni.

A nostro avviso, così non è, nel senso che la modifica non opera alcuna restrizione quanto ai presupposti. Infatti, il requisito della sussistenza degli elementi investigativi che giustificano le attività preventive (che parrebbe essere stato tolto) è espressamente richiesto solo per le sole intercettazioni ante delictum di polizia; né prima né dopo la riforma, tale presupposto era ed è previsto dal dettato normativo con riferimento alle captazioni preventive d’intelligence. Anche se qualcuno[25], in ragione del rinvio che l’art. 4, d.l. 155/2005 operava alla disciplina di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p., ha ritenuto applicabile tale presupposto anche alle intercettazioni preventive d’intelligence, non c’è alcun dubbio invece che la normativa “speciale” di riferimento di cui all’art. 4, d.l. 144/2005, non effettua in alcun modo tale richiamo[26].

Di conseguenza, si può ritenere che la novella abbia solo inteso fare chiarezza sui presupposti legittimanti l’autorizzazione a procedere, fugando ogni dubbio ravvisabile sulla ambigua formulazione linguistica previgente, ma non certo può dirsi che la riforma abbia operato una modifica destinata a facilitare le condizioni di utilizzo dello strumento captativo.

 

 

3.2. L’aspetto maggiormente innovativo (almeno sotto il profilo formale) attiene all’introduzione, nel d.l. 144/2005, di un inedito art. 4 bis, rubricato “Disposizioni in materia di intercettazioni preventive dei servizi di informazione per la sicurezza”, che reca la nuova disciplina sulle modalità di svolgimento delle intercettazioni.

Pur rimanendo immutati alcuni aspetti della precedente normativa (il termine di durata massima delle operazioni di intercettazione[27], la forma del provvedimento autorizzativo[28], i presupposti per la richiesta e le modalità operative relative alle attività di controllo sulle comunicazioni[29]), si segnalano elementi originali che contribuiscono a rendere maggiormente coerente il dettato normativo sotto il profilo sistematico.

Le prime novità attengono al materiale oggetto di deposito presso il procuratore generale e ai termini per procedervi.

Precisamente, la riforma prevede che, oltre al verbale sintetico delle operazioni svolte e ai supporti utilizzati, l’obbligo di consegna si estende anche ai contenuti delle captazioni[30]. Conseguentemente, la novella procede a rimodulare i termini per ottemperare a tali doveri, rendendoli più congrui rispetto al passato, anche considerando i nuovi “adempimenti” da compiere.

In particolare, la riforma estende il termine dagli attuali 5 giorni (ovvero 10 in casi particolari) a 30 giorni decorrenti dalla conclusione delle operazioni, prevedendo la possibilità del differimento del termine per un periodo non superiore a 6 mesi, previa autorizzazione del procuratore generale su richiesta motivata dei Direttori dei Servizi di informazione, comprovante particolari esigenze di natura tecnica e operativa[31].

In secondo luogo, nell’ottica di conferire maggiore coerenza alla previsione in esame, il legislatore prevede un ampliamento dei doveri di distruzione di tutto il materiale consegnato, compresi i contenuti intercettati e ogni eventuale copia, anche informatica, totale o parziale, degli stessi.

Non solo, perché viene introdotto l’obbligo per il procuratore di distruggere anche la documentazione da lui stesso detenuta, con eccezione dei decreti emanati, relativa alle richieste di autorizzazione alle operazioni di intercettazione, recante contenuti, anche in forma sintetica e discorsiva, delle intercettazioni[32].

Poi, la novella incide anche sui tempi per eliminare i risultati delle attività che esulano dell’intercettazione stricto sensu intesa (c.d. controlli)[33]: colmando il vuoto normativo della previgente disciplina, la riforma prevede che tali dati debbano essere distrutti entro 6 mesi dalla acquisizione e che i relativi verbali debbano essere trasmessi al procuratore generale, ferma restando la possibilità per il procuratore generale di autorizzare la proroga per un periodo non superiore a 24 mesi del termine per la conservazione di tali dati[34].

Spunti di novità ineriscono anche alle eccezioni alle c.d. exclusionary rules.

Come è noto, ai sensi del comma 5 dell’art. 4 bis, gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel corso del procedimento penale, non possono essere menzionati in atti di indagine né costituire oggetto di deposizione né essere altrimenti divulgati, ferma restando la possibilità di utilizzare quel materiale per “fini investigativi”.

In questo caso – seppure l’esecutivo rimarca che «[I]l mancato riferimento a tali fini dipende peraltro dalla specificità dell’attività dei Servizi di informazione che non compiono attività investigativa»[35] –, attraverso l’eliminazione di tale clausola derogatoria la riforma supera le perplessità di quanti avevano intravisto nella clausola in esame una fictio iuris funzionale all’ingresso in fase procedimentale dei risultati raccolti in fase preventiva[36].

Naturalmente, nel caso in cui, attraverso l’esecuzione delle intercettazioni e dei controlli ante delictum, si scopra l’avvenuta consumazione del reato per cui le operazioni di neutralizzazione sono state autorizzate, nulla vieta che l’informazione possa rappresentare la base della c.d. pre–inchiesta[37], volta a ricercare un ulteriore dato da cui far dipendere l’inizio del procedimento penale.

Da ultimo, si prevede che le spese relative alle attività di intercettazione e tracciamento, attualmente a carico del Ministero della giustizia, siano imputate all’apposito programma di spesa iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito degli stanziamenti previsti a legislazione vigente.

Come già anticipato[38], la ragione della previsione non risiede esclusivamente in questioni di natura contabile, quanto nella necessità di assicurare la riservatezza del comparto dei Servizi d’intelligence.

 

 

  1. Passate in rassegna le singole modifiche legislative, pare opportuno offrire una visione complessiva dell’intervento legislativo in materia.

Intanto, la riforma si lascia apprezzare per l’alto valore “simbolico” che la caratterizza: va, infatti, considerata positivamente l’attenzione posta dal legislatore ad un tema “caldo” come quello delle intercettazioni preventive d’intelligence che da argomento “di nicchia” diventa elemento centrale del dibattito politico e parlamentare.

Una simile presa di coscienza stupisce ancor di più considerando che l’iniziativa legislativa proviene da un “tecnico”, da un “attore” del processo penale, ossia da un magistrato che si è occupato nel corso della sua carriera di investigazioni, di intercettazioni giudiziarie e, evidentemente, di captazioni preventive.

La particolare attenzione al tema de quo dedicata da chi per anni ha rivestito il ruolo di p.m. ci restituisce un dato di grande importanza e di profonda verità: le intercettazioni preventive, lungi dal rappresentare strumenti desueti e poco impiegati nella prassi, assumono un ruolo centrale (se non addirittura routinario) nell’attività investigativa giornaliera delle procure[39].

In questo senso, il legislatore, consapevole del ricorso sempre più crescente allo strumento in esame e dei rischi connessi alla possibilità che i dati acquisiti ante delictum possano essere (anche solo indirettamente) riversati nel procedimento penale, ritiene di non poter più procrastinare l’adozione di una disciplina ad hoc che si propone di offrire una regolamentazione – tutt’altro che esaustiva, stante la “fretta” dell’intervento riformatore – delle intercettazioni preventive d’intelligence.

Altrettanto apprezzabile è la ratio che sottende l’intervento riformatore.

Come si è avuto modo di anticipare, la scelta di sottrarre la “competenza economica” al Ministero della giustizia irrobustisce le garanzie di segretezza delle informazioni a disposizione dei Servizi di intelligence: così, impedendo che i dati acquisiti possano essere trasferiti e conservati da un organo “esterno”, la novella potenzia le esigenze di riservatezza del comparto.

Anche le altre modifiche “formali” vanno nella medesima direzione: si pensi alle innovazioni relative al rafforzamento degli obblighi di deposito del materiale, all’estensione dei doveri di distruzione anche a tutto quanto entra in possesso del procuratore, comprese le eventuali copie informatiche dei contenuti, al contenimento delle deroghe all’inutilizzabilità probatoria dei dati captati.

In questo caso, il passo è ancora ulteriore: lo scopo ultimo è quello di arginare il pericolo di osmosi probatoria del materiale acquisito in fase preventiva per scopi processuali e, dunque, che nell’intera area procedimentale, vengano veicolate notizie acquisite in base a criteri che obbediscono prevalentemente a scelte discrezionali del potere esecutivo[40].

Infine, la riforma si lascia apprezzare per l’efficace approccio metodologico che la contraddistingue.

Se è vero che la novella interviene per «superare le criticità e difficoltà interpretative che la precedente normativa aveva causato»[41], la riforma – in questo caso –  non tradisce il suo scopo.

Eliminando ogni riferimento alle previsioni di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p., introduce una disciplina autonoma alle intercettazioni preventive d’intelligence, tipizzandone presupposti, limiti, regole e modalità operative.

In quest’ottica, la novella contribuisce a conferire sistematicità, organicità e maggiore chiarezza alla disciplina de qua, colmando i vuoti interpretativi che rendevano inintelligibili le previsioni dell’art. 4, d.l. 144/2005.

Un dato, tuttavia, appare ineludibile. Sotto il profilo contenutistico la riforma non sortisce gli effetti sperati e il risultato che si raggiunge è sicuramente meno pregevole dell’intento che anima la manovra.

Al di là e della discutibile scelta di inserire la previsione nell’ambito di una legge che persegue (o almeno dovrebbe) altri scopi[42], si riscontrano riserve con riferimento al prodotto che ci viene restituito.

Seppur il legislatore interviene per eliminare l’insidioso meccanismo del rinvio normativo tipizzando la normativa delle intercettazioni preventive d’intelligence, la riforma non fa altro che riproporre (e solo in minima parte correggere) la disciplina contenuta nel testo dell’art. 226 disp. att. c.p.p., operando di fatto un “copia-incolla” delle previsioni che regolano le intercettazioni preventive di polizia.

Di conseguenza, tutte le criticità già riscontrate in rapporto a quelle previsioni si estendono anche alle neointrodotte disposizioni di cui agli artt. 4 e 4 bis, d.l. 144/2005.

 

 

  1. L’aspetto che meno convince della riforma in esame è legato alla scelta di operare una modifica “ordinamentale” nell’ambito della manovra finanziaria.

Per comprendere più concretamente i termini della questione, occorre soffermarsi brevemente sui limiti oggettivi della legge di stabilità e bilancio che, anche dopo la riforma operata dalla l. 163/2016[43], continua a mantenere la sua fisionomia di un provvedimento dal contenuto “vincolato”, nel senso che nella stessa non sono ammissibili disposizioni che contengono deleghe, norme di carattere ordinamentale, organizzatorio, interventi di natura localistica o microsettoriale, e norme che dispongano la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa[44].

Proprio sulla base delle previsioni de quibus, alcuni esponenti dell’opposizione[45] esprimono non poche perplessità sulla sedes materiae prescelta dall’esecutivo per apportare una modifica di sistema all’istituto delle intercettazioni preventive d’intelligence: la proposta di riforma, lungi dal rappresentare una norma di “bilancio”, è da intendersi quale disposizionale di tipo ordinamentale e, di conseguenza, non ammissibile nell’ambito della manovra finanziaria.

Alle predette contestazioni, il Ministro della Giustizia replica sottolineando come dal testo riformato non deriva un’alterazione sostanziale della disciplina tale da qualificare l’emendamento quale ordinamentale[46]: infatti, anche «la Relazione tecnica riferisce che le norme in commento recano sia una razionalizzazione contabile e amministrativa, derivante dalla […] più corretta imputazione delle spese per intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza […], sia misure suscettibili di determinare minori oneri per l’effettuazione delle intercettazioni e delle attività amministrative conseguenti»[47].

Che la sede per operare una modifica ad un istituto dell’ordinamento giuridico sia “eccentrica”, è un dato di fatto. E’ evidente come nell’articolato legislativo, oltre alle innovazioni di carattere strettamente finanziario, sono presenti modifiche attinenti al dettato normativo.

A ben riflettere, però, tali innesti non impattano la sostanza giuridica dell’istituto, limitandosi a espungere il ricorso alla tecnica del rinvio per tipizzare de jure condito la disciplina di riferimento e a ritoccare alcuni profili relativi alle modalità operative.

In altri termini, la riforma opera una razionalizzazione dell’istituto e non una modifica integrale alla sua disciplina.

Se così stanno le cose, il dibattito assume connotati politici e non giuridici, nel senso che non è in discussione l’ammissibilità della proposta emendativa o l’illegittimità della riforma, quanto piuttosto l’opportunità di inserire la modifica nella complessa manovra finanziaria.

Per la delicatezza delle questioni trattate, sicuramente sarebbe stato auspicabile ricorrere all’ordinario iter legislativo: come osservato, «[N]on si tratta di una riforma limitata a profili economici e di spesa, bensì di un intervento che incide su un settore poco noto ma particolarmente delicato per la tutela dei diritti, che sarebbe stato più opportuno realizzare in altro contesto, con la garanzia di un ampio e meditato dibattito in sede parlamentare, supportato dalla previa acquisizione di pareri di tecnici ed esperti della materia»[48].

Certamente, la discussione parlamentare e l’audizione degli esperti avrebbero stimolato una maggiore riflessione e un più proficuo confronto sul tema, consentendo anche di interrogarsi su numerosi altri aspetti della disciplina che continuano ad essere dubbi e dei quali, per ovvie ragioni, non si è potuto dar conto nella manovra in esame. Si pensi alle questioni di carattere più “innovativo”, generate dalla naturale evoluzione dei tempi, relative, ad esempio, alla possibilità di ricorrere al captatore informatico (o ad altri strumenti di sorveglianza speciale da remoto) anche in fase preventiva ovvero agli strumenti di “cooperazione informativa”[49] cui ricorrere nel caso di attività captative ante delictum transfrontaliere.

Senza contare, poi, che il tradizionale iter parlamentare avrebbe consentito anche di operare una modifica (altrettanto necessaria e non più procrastinabile) all’istituto delle intercettazioni preventive di polizia.

Non resta, a questo punto, che attendere una riforma sistematica – peraltro già annunciata[50] – delle captazioni e dei controlli ante delictum sia di polizia che d’intelligence, auspicando in una modifica dalla portata ancora più ampia, volta alla regolamentazione delle altre forme di sorveglianza “anticipata” che, pur non trovando espressa regolamentazione, vengono ampiamente utilizzate in fase preventiva con inevitabili riflessi sul procedimento probatorio.

 

[1] Le intercettazioni preventive d’intelligence sono state introdotte dall’art. 4 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni in l. 31 luglio 2005, n. 155. La disciplina viene modificate una prima volta nel 2007 (l. 3 agosto 2007, n. 124) e poi, da ultimo, nel 2012 (l. 7 agosto 2012, n. 133).

[2] Così R. Cantone-L.A. D’Angelo, Una nuova ipotesi di intercettazione preventiva, in Aa. Vv., Le nuove norme di contrasto al terrorismo, a cura di A.A. Dalia, Giuffrè, 2006, p. 54.

[3] Si esprime così G. Illuminati, La disciplina processuale delle intercettazioni, Giuffrè, 1983, p. 171 ss.

[4] Invero, auspicavamo una revisione dell’istituto già nel 2018, quando, in rapporto ai possibili rimedi per arginare i pericoli derivanti dal sempre più frequente ricorso alle captazioni ante delictum, si sosteneva: «la soluzione più immediata ai “mali” del sistema potrebbe essere rappresentata da un intervento normativo del legislatore […]. Una regolamentazione in forma chiara e compiuta delle intercettazioni e dei controlli preventivi sulle comunicazioni risulterebbe funzionale alla tutela del principio di legalità nonché a conferire certezza al diritto di difesa, in modo da permettere al controllato di avere effettiva cognizione delle modalità di ingerenza degli investigatori e dei Servizi di intelligence alla sfera di riservatezza individuale». Così W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi. Riflessi sul procedimento probatorio, Cedam, 2018, p. 458.

[5] Da una ricerca comparata in corso di svolgimento presso l’Institute of Advanced Legal Studies dell’Università di Londra, emerge che in numerosi Paesi (soprattutto di matrice anglosassone) il tema della sorveglianza di massa sta caratterizzando il dibattito politico, fino a trasfondersi in proposte di legge. Forniscono un quadro chiaro dello status quo, A.G. Ferguson, Persistent surveillance, in Alabama Law Review, 2022, p. 3 ss.; B. Keenan, The Evolution Of Elucidation: The Snowden Cases Before The Investigatory Powers Tribunal, in The Modern Law Review, 2021, p. 906 ss. 

[6] Proposta emendativa 123.01000. in Commissione V in sede referente riferita al C. 643 bis pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 20 dicembre 2022.

[7] Cfr. art. 123 bis, d.d.l. AC 643 bis. Per un primo commento, F. Resta, La riforma della disciplina delle intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza nella legge di bilancio, in Giust. insieme, 22 dicembre 2022.

[8] Cfr. Resoconto della V Commissione Permanente, 19 dicembre 2022, consultabile su www.senato.it.

[9] La disciplina riformata, dopo l’approvazione parlamentare, confluisce nell’art. 1, comma 684 del d.d.l. AS 442.

[10] Volendo, W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi, cit., p. 110 ss.

[11] Su cui infra, § 2.

[12] In dottrina, ci si è posti la questione relativa alla scelta di attribuire sia al Presidente del Consiglio dei Ministri che ai Direttori dei Servizi delegati la facoltà di compiere le operazioni captative, ovvero riservarla a questi ultimi, spettando al primo solamente un potere di individuazione dei presupposti per la richiesta. Per un approfondimento della questione, sia consentito il rinvio a W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi, cit., p. 101.

[13] La dottrina lamenta l’intrinseca violazione della riserva di giurisdizione deducibile dall’art. 15, comma 2, Cost., facendo ritenere la scelta di attribuire alla procura il potere di limitare una libertà fondamentale alquanto inopportuna, dal momento che determina «un ribaltamento della logica del codice di procedura penale, ove nessun potere diretto è riconosciuto all’organo dell’accusa in ordine alle decisioni in tema […] di libertà fondamentali». P. Balducci, Le garanzie delle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, Giuffrè, 2011, p. 88. In senso conforme, L. Filippi, Terrorismo internazionale: le nuove norme interne di prevenzione e repressione. Profili processuali, in Dir. pen. proc., 2002, p. 163.

[14]Efficacemente, sul punto, E. Andolina, Le intercettazioni e i controlli preventivi sulle comunicazioni nel contrasto al terrorismo internazionale tra irrisolte criticità ed esigenze di riforma, in Arch. nuova proc. pen., 2016, f. 6, p. 575.

[15] Così C. Nordio, Intervento al Senato, 6 dicembre 2022, consultabile su Sist. pen., 8 dicembre 2022.

[16] Testualmente C. Nordio, Intervento alla Camera, 7 dicembre 2022, consultabile su Sist. pen., 8 dicembre 2022.

[17] Dati consultabili su www.giustizia.it. Secondo il Bilancio Sociale 2020-2021, elaborato dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II” di concerto con la procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, nell’anno 2020 sono state 2.891 le richieste di autorizzazione a disporre, che sono arrivate a 4.672 nel 2021. Per le intercettazioni sono stati spesi 11.811.411,09 per il 2020 e 12.785.338,67 per il 2021. Il dato diventa ancor più sorprendente se si considerano i numeri degli altri Paesi europei. Si pensi che in Francia le captazioni autorizzate sono pari a 37.000, mentre in Inghilterra solo 3.800. Cfr. anche Wiretap Report: Intercepts Fall, Arrests and Convictions Rise, in https://www.uscourts.gov, 29 giugno 2022.

[18] C. Nordio, Intervento al Senato, cit.

[19] Relazione tecnica di accompagnamento alla proposta emendativa, p. 2.

[20] Cfr. d.l. 144/2005.

[21] Come noto, a seguito delle modifiche operate dall’art. 12, l. 133/2012, l’art. 4, d.l. 144/2005 prevede che la legittimazione attiva alla richiesta autorizzativa spetti ai Direttori dei servizi di informazione per la sicurezza di cui all’art. 2, comma 2, l. 124/2007, ovvero i Direttori dell’AISE (Agenzia di informazione per la sicurezza esterna) e dell’AISI (Agenzia di informazione per la sicurezza interna). Inoltre, sempre per effetto della novella del 2012, la competenza viene attribuita al procuratore generale presso la corte di appello di Roma.

[22] La legge 133/2012 elimina la previsione secondo cui l’istanza può essere presentata solo per esigenze connesse alla prevenzione di attività terroristiche o di eversione dell’ordinamento costituzionale o del crimine organizzato di stampo mafioso e dispone che le intercettazioni preventive possono essere richieste «quando siano ritenute indispensabili per l’espletamento delle attività demandate ai direttori dei servizi di informazione per la sicurezza dagli artt. 6 e 7 della l. 124/2007» (art. 4, comma 1, d.l. 144/2005), ossia ricerca ed elaborazione delle informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero nonché la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche.

[23] Si tratta di attività volte alla ricerca e all’elaborazione di informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero nonché la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche.

[24] Dossier del Servizio Studi del Senato, p. 129, disponibile su Sist. pen., 30 dicembre 2022.

[25] Ricostruisce i termini del dibattito, B. Agostini, La disciplina delle intercettazioni preventive nel sistema antiterrorismo, in Dir. pen. cont., 2017, f. 1, p. 143 ss.

[26] Sicuramente, anche nel caso di intercettazioni preventive d’intelligence, è necessario un “quantum informativo” utile al p.m. per decidere se procedere o meno all’autorizzazione. Si tratta, in particolare, del materiale acquisito all’esito del c.d. “ciclo investigativo d’intelligence” e che risulta indispensabile per la valutazione circa l’indispensabilità delle captazioni dei Servizi di informazione e sicurezza. Di conseguenza, in mancanza di una previsione esplicita nel dettato di cui all’art. 4, d.l. 144/2005, si potrebbe ritenere che «la presenza degli elementi fattuali da cui possa emergere il periculum da scongiurare deve considerarsi presupposta, ossia sottesa all’istanza autorizzativa come condizione implicita alla richiesta stessa». Così W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi, cit., p. 114.

[27] Il termine di durata resta di 40 giorni prorogabile per periodi successivi di 20 giorni, ex art. 4 bis, comma 1, primo periodo, d.l. 1 44/2005.

[28] La forma del provvedimento richiesta è il decreto autorizzativo, ai sensi del comma 1, secondo periodo dell’art. 4 bis, d.l. 144/2005.

[29] Ci si riferisce al tracciamento delle comunicazioni telefoniche e telematiche, all’acquisizione dei dati esterni relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche intercorse e all’acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni. I presupposti per la richiesta nonché la competenza relativa all’autorizzazione sono gli stessi previsti per le operazioni di intercettazione, secondo quanto previsto dal comma 4 dell’art. 4 bis, d.l. 144/2005.

[30] Ai sensi dell’art. 4 bis, comma 2, d.l. 144/2005.

[31] Come si legge nella Relazione tecnica di accompagnamento alla proposta di emendamento, «il termine di 5 giorni per depositare i nostri risultava particolarmente restrittivo […] in presenza di operazioni prolungate nel tempo, quando le informazioni da riversare nei supporti esterni hanno la dimensione di diversa terabyte».

[32] Il procuratore procede alla distruzione decorso il termine per l’adempimento degli obblighi di comunicazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ossia 30 giorni dalla conclusione delle operazioni.

[33] Ossia il tracciamento delle comunicazioni telefoniche e telematiche, l’acquisizione dei dati esterni relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche intercorse e l’acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni.

[34] Come chiarito nel Dossier del Servizio Studi del Senato, cit., p. 130, «[N]ella disciplina vigente la possibilità di proroga per un periodo non superiore a 24 mesi è prevista nella disciplina generale delle intercettazioni preventive dal comma 3 bis dell’art. 226 disp. att. c.p.p. Tale comma non è tuttavia richiamato dall’art. 4, d.l. 144/2005, per cui la possibilità di proroga della conservazione dei dati non è applicabile alle operazioni di tracciamento dei servizi di informazione».

[35] Dossier del Servizio Studi del Senato, cit., p. 132.

[36] Per lungo tempo, la dottrina si è chiesta se la locuzione de qua debba essere riferita all’attività di prevenzione in senso stretto ovvero essere estesa anche alla successiva fase delle indagini preliminari. Per un approfondimento sui termini della questione, F. Caprioli, Le disposizioni in materia di intercettazioni e perquisizioni, in Aa. Vv., Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, a cura di G. Di Chiara, Giappichelli, 2002, p. 5 ss.; L. Filippi–M.F. Cortesi, voce Intercettazione preventiva di comunicazioni, in Enc. giur., XII, Treccani, 2004, p. 2 ss.

[37] Sul punto, per tutti, R. Aprati, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, Jovene, 2010, p. 38 ss.

[38] V. § 2.

[39] Secondo uno studio condotto nel 2018 (l’ultimo disponibile in materia di investigazioni preventive), gli strumenti di indagine proattiva più utilizzati in Europa sono le intercettazioni preventive. Cfr. European Union Agency for Fundamental Rights, Surveillance by intelligence services: fundamental rights safeguards and remedies in the EU: Mapping Member States’ legal frameworks, October 2018, disponibile su www.fra.europa.eu

[40] Sul punto, per tutti, D. Curtotti, Procedimento penale e intelligence in Italia: un’osmosi inevitabile, ancora orfana di regole, in Proc. pen. giust., 2018, f. 3, p. 438 ss.

[41] Relazione tecnica, cit., p. 2.

[42] Cfr. § 5.

[43] L. 4 agosto 2016, n. 163. Sul punto, efficacemente, C. Bergonzini, La nuova legge di contabilità pubblica (n. 163/2016): le principali novità e (alcuni) profili critici, in www.federalismi.it, 2017, n. 9, p. 24.

[44] Art. 21, comma 1 quinquies, l. 196/2009, come modificato dalla l. n. 163/2016, in attuazione dell’art. 15, comma 2, l. n. 243/2012.

[45] Si faccia riferimento alla dichiarazione dell’On. Dell’Olio (M5S), per cui «le misure contenute nell’articolo aggiuntivo 123.01000 sono assolutamente inammissibili, come evidenziato del resto dalla stessa Relazione allegata alla proposta di emendamento che ne riconosce il carattere ordinamentale». O, ancora, alle parole dell’On. Costa (Azione), per cui «si tratta di una norma procedurale che non può assolutamente andare in questo contesto». Nello stesso senso anche l’On. Pagano (PD).

[46] Come precisa C. Nordio, Intervento al Senato, cit., quello di cui si discute «non è un emendamento di tipo rivoluzionario […] Ha aumentato le garanzie ed è stato trasferito solo un piccolo capitolo di spesa».

[47] Nota di lettura n. 13 AS 442.

[48] G.L. Gatta, Intercettazioni preventive dei servizi di informazione per la sicurezza: la riforma contenuta nella legge di bilancio 2023, in Sist. pen., 30 dicembre 2022.

[49] Su cui, per tutti, Aa. Vv., Intelligence Law and Policies in Europa, Verlag C.H. oHG, 2019.

[50] C. Nordio, Intervento alla Camera, cit.