La riforma delle intercettazioni preventive d’
intelligence
LA RIFORMA DELLE INTERCETTAZIONI PREVENTIVE D’INTELLIGENCE.
UNA PRIMA LETTURA
- La complessa manovra finanziaria approvata per l’anno 2023 contiene una riforma della disciplina delle intercettazioni preventive che possono essere effettuate dai Servizi di informazione per la sicurezza, di cui all’art. 4, d.l. 144/2005.
Tali forme captative possono essere definite come attività tecniche eseguite ante delictum ed assolutamente inutilizzabili nel procedimento penale, dirette «a raccogliere informazioni utili per la prevenzione di gravi reati e non per l’acquisizione di elementi finalizzati all’accertamento della responsabilità per singoli fatti delittuosi» (R. Cantone-L.A. D’Angelo, Una nuova ipotesi di intercettazione preventiva, in Aa. Vv., Le nuove norme di contrasto al terrorismo, a cura di A.A. Dalia, Giuffrè, 2006, p. 54).
Nonostante i tempi fossero ormai maturi per ripensare all’istituto in esame, ci si era quasi rassegnati all’idea che difficilmente qualcosa si sarebbe mosso in un settore che continua a non suscitare particolare interesse né del legislatore, nè degli operatori del diritto, proprio in ragione della estraneità dei risultati acquisiti in fase preventiva al procedimento probatorio.
Finalmente, quando in altri Paesi il tema della sorveglianza e delle investigazioni preventive torna a farsi strada nel dibattito legislativo nazionale, l’Italia si prepara alla contromossa proprio nel momento in cui le energie legislative sono tutte rivolte all’attuazione della riforma della giustizia civile e penale.
In una proposta emendativa al disegno di legge di stabilità e bilancio 2023 fortemente voluta dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, compare una previsione che, oltre ad apportare modifiche di sistema alla disciplina relativa alle intercettazioni svolte per fini di intelligence, prevede che le spese relative a tali operazioni captative, attualmente a carico del Ministero della Giustizia, vengano imputate all’apposito programma di spesa concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
Non senza resistenze provenienti dall’opposizione – soprattutto in ragione della sedes materiae prescelta per una modifica di tipo “ordinamentale” –, la proposta supera il vaglio preliminare di ammissibilità e l’emendamento viene approvato dalla V Commissione il 20 dicembre scorso.
La manovra finanziaria ospitante la modifica de qua, a seguito di uno spedito iter parlamentare la cui celerità viene garantita dall’accoglimento della fiducia richiesta dal Governo ad entrambe le Camere, è diventata legge il 29 dicembre 2022, n. 197.
- Prima ancora di analizzare le modifiche legislative, si ritiene utile soffermarsi sulla ratio che sottende l’intervento legislativo.
Per comprendere appieno le ragioni della riforma, occorre partire dalle linee programmatiche illustrate dal Ministro Nordio alle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato.
In quell’occasione, il Ministro ribadisce l’importanza di procedere ad una «profonda revisione del sistema delle intercettazioni [giudiziarie]», posto che la disciplina attuale – per come è costruita – «rappresenta un pericolo per la riservatezza e l’onore delle persone coinvolte […] e determina sostanziali violazioni, quasi blasfeme, del dettato di cui all’art. 15 Cost.» (C. Nordio, Intervento al Senato, 6 dicembre 2022, consultabile su Sist. pen., 8 dicembre 2022).
Oltre all’esigenza di garantire la tutela dei diritti dei soggetti anche solo indirettamente coinvolti nelle operazioni captative, come precisato dal Guardasigilli, la modifica al tema delle intercettazioni processuali è suggerita anche da ragioni di natura economica.
In effetti, gli ultimi dati statistici disponibili dimostrano come, nel 2021, i soggetti sottoposti a captazioni sono pari a 70 mila, per un totale di 150.000 intercettazioni autorizzate nell’anno di riferimento con un ammontare complessivo di spesa pari a 12.785.338,67 euro.
Di qui, si profila come urgente una riforma che operi cospicui tagli sulle intercettazioni giudiziarie.
Se queste sono le linee guida del dicastero del Ministro Nordio con riferimento alle captazioni procedimentali, ben si comprende allora la ratio di operare una modifica anche alle intercettazioni preventive d’intelligence, con il dichiarato intento di rafforzare la garanzia di segretezza delle informazioni sensibili acquisite e assicurare l’estraneità dei dati ottenuti alle logiche investigative.
Una simile presa di coscienza stupisce ancor di più considerando l’“estrazione culturale” del promotore della riforma. Come è noto, infatti, l’iniziativa legislativa proviene da un “tecnico”, da “attore” del processo penale, ossia da un magistrato che si è occupato nel corso della sua carriera di investigazioni, di intercettazioni giudiziarie e, evidentemente, di captazioni preventive.
La particolare attenzione al tema de qua dedicata da chi per anni ha rivestito il ruolo di p.m. ci restituisce un dato di grande importanza e di profonda verità: le intercettazioni preventive – sia di polizia che di intelligence – lungi dal rappresentare strumenti desueti e poco impiegati nella prassi, assumono un ruolo centrale (se non addirittura routinario) nell’attività investigativa giornaliera delle procure.
Se, dunque, il ricorso alle intercettazioni preventive non è poi così straordinario come si poteva immaginare fino a qualche tempo fa, risulta imprescindibile garantire una regolamentazione “trasparente” e la maggiore riservatezza possibile ai dati captati, specie se questi sono ottenuti ante procedimento.
Secondo il Ministro, l’unico modo per proteggere le informazioni ottenute dai Servizi in fase preventiva è assicurare la riservatezza del comparto d’intelligence.
Milita in questo senso la previsione che imputa i costi delle intercettazioni preventive all’apposito programma di spesa concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
A ben riflettere, sottrarre la “competenza” di spesa al Ministero della Giustizia non significa solo infierire sull’amministrazione delle risorse economiche, quanto intervenire sulle modalità di gestione delle informazioni ottenute. Infatti, la manovra in esame consente (soprattutto) di evitare che i dati acquisiti possano essere trasferiti e conservati da un organo esterno e, dunque, è finalizzata a impedire «la circolazione al di fuori del comparto di intelligence di documentazione […] contenente elementi di natura sensibile […] che rende riconoscibile l’attività dei Servizi di informazione, determinando un evidente vulnus alle esigenze di riservatezza delle suddette operazioni» (Relazione tecnica di accompagnamento alla proposta emendativa, p. 2).
- Celata tra le pieghe della complessa manovra finanziaria per l’anno 2023, la riforma sulle intercettazioni preventive d’intelligence interviene sui punti nevralgici della disciplina con lo scopo di superare le criticità e difficoltà interpretative che la precedente normativa aveva causato.
L’art. 1, comma 684, l. 197/2022, interviene sul dettato di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 4, d.l. 144/2005, statuendo che i Direttori dei Servizi di informazione per la sicurezza, delegati dal Presidente del Consiglio, sono legittimati a richiedere l’autorizzazione all’intercettazione di comunicazioni o conversazioni, anche per via telematica, nonché all’intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti, anche se queste avvengono nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p., quando siano ritenute indispensabili per l’espletamento delle attività demandate ai Servizi dagli artt. 6 e 7, l. 3 agosto 2007, n. 124. L’autorizzazione, ai sensi del comma 2, viene rilasciata dal procuratore generale presso la Corte di appello di Roma.
Da un rapido raffronto con la previgente normativa, si evince che la novella lascia immutata l’ossatura originaria dell’istituto: identici risultano i soggetti legittimati alla richiesta, identici rimangono i “casi” per cui è possibile procedervi, così come rimane identica la competenza a emettere il decreto autorizzativo.
L’unico dato testuale oggetto di innovazione è rappresentato dal richiamo analitico alle singole species di captazioni esperibili, laddove, invece, la formulazione originaria si limitava a operare un rinvio al dettato di cui al comma 1 dell’art. 226 disp, att. c.p.p.
A ben guardare, anche in tal caso, l’innovazione è più di forma che di sostanza, posto che la novella non modifica l’ambito operativo delle operazioni di intercettazione, riprendendo integralmente il contenuto del citato art. 226 disp. att. c.p.p.
Maggiori dubbi attengono ai presupposti del decreto di autorizzazione del procuratore generale.
In effetti, nel Dossier del Servizio Studi del Senato, si legge: «[N]ella disciplina vigente […], il procuratore generale adotta tale decreto qualora vi siano elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione e lo ritenga necessario. […] Invece la novella prevede che – non essendoci elementi investigativi nelle operazioni dei Servizi – l’autorizzazione si basi esclusivamente sul fatto che tali intercettazioni risultino “indispensabili per l’espletamento delle attività demandate” ai Servizi».
Alla luce di quanto detto, sembrerebbe che la riforma intenda assottigliare le maglie di accesso all’istituto, eliminando la previsione per la quale ai fini della richiesta sono necessari anche degli elementi “informativi” atti a giustificare la valutazione del procuratore circa l’indispensabilità delle operazioni de quibus.
La tesi non sembra del tutto convincente. A ben guardare, infatti, la presenza del requisito in esame non è contemplata dal dettato normativo con riferimento alle captazioni preventive d’intelligence.
Precisamente, nel caso di intercettazioni e controlli preventivi di polizia, l’art. 226 disp. att. c.p.p. prevede espressamente la presenza di “elementi investigativi che giustificano l’attività di prevenzione” quale condizione per la concessione dell’autorizzazione a procedere; viceversa, nelle attività di intelligence, il presupposto legittimante l’attività de qua non risulta menzionato nel disposto di cui all’art. 4, d.l. 144/2005.
Tuttavia, in ragione dell’estensione della disciplina di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p. anche alle intercettazioni preventive d’intelligence, si è detto che «la presenza degli elementi fattuali da cui possa emergere il periculum da scongiurare debba considerarsi presupposta, ossia sottesa all’istanza autorizzativa come condizione implicita alla richiesta stessa».
In questo senso, possiamo ritenere che la previsione in parola – tipizzando il solo requisito dell’indispensabilità – abbia fugato ogni dubbio ravvisabile sulla ambigua formulazione linguistica previgente, facendo chiarezza sui presupposti per procedere alla richiesta e, di conseguenza, concedere l’autorizzazione, ma non certo che si tratti di una novità assoluta della novella destinata a facilitare le condizioni di utilizzo dello strumento captativo.
- L’aspetto maggiormente innovativo (almeno sotto il profilo formale) attiene all’introduzione nel d.l. 144/2005 di un inedito art. 4 bis, rubricato “Disposizioni in materia di intercettazioni preventive dei servizi di informazione per la sicurezza”, che reca la nuova disciplina sulle modalità di svolgimento delle intercettazioni dei Servizi di informazione.
Pur rimanendo immutati alcuni aspetti della precedente normativa (il termine di durata massima delle operazioni di intercettazione, la forma del provvedimento autorizzativo, i presupposti per la richiesta e le modalità operative relative alle attività di controllo sulle comunicazioni), si segnalano alcuni elementi originali che contribuiscono a rendere maggiormente coerente il dettato normativo sotto il profilo sistematico.
La prima novità attiene al materiale oggetto di deposito presso il procuratore generale.
Al riguardo, l’art. 226, comma 3, disp. att. c.p.p., prevede che l’obbligo di consegna sia limitato al verbale sintetico delle operazioni svolte e dei contenuti intercettati e ai supporti utilizzati; per converso, la novella sottopone all’obbligo di deposito anche le informazioni e i dati appresi nell’esperimento delle captazioni e dei controlli preventivi.
Ulteriori innovazioni attengono ai termini di deposito della documentazione completa e all’eventuale procedura di differimento di detto deposito.
In particolare, la riforma estende il termine dagli attuali 5 giorni (ovvero 10 in casi particolari) a 30 giorni decorrenti dalla conclusione delle operazioni, prevedendo la possibilità del differimento del termine per un periodo non superiore a 6 mesi, previa autorizzazione del procuratore generale su richiesta motivata dei Direttori dei Servizi di informazione, comprovante particolari esigenze di natura tecnica e operativa.
Poi, la novella rafforza gli obblighi di distruzione del materiale captato: se l’art. 226, comma 3, disp. att. c.p.p., prevede che, una volta avvenuto il deposito, il procuratore è tenuto a disporre l’immediata distruzione dei soli supporti e dei verbali depositati, la riforma estende il contenuto della prescrizione fino a ricomprendervi i contenuti intercettati e ogni eventuale copia, anche informatica, totale o parziale, degli stessi.
Non solo, perché viene introdotto l’obbligo per il procuratore di distruggere anche la documentazione da lui stesso detenuta, con eccezione dei decreti emanati, relativa alle richieste di autorizzazione alle operazioni di intercettazione, recante contenuti, anche in forma sintetica e discorsiva, delle intercettazioni.
Sempre con riferimento alla procedura di distruzione del materiale raccolto, la novella incide anche sui tempi per ottemperare a tale dovere in rapporto alle altre attività che esulano dell’intercettazione stricto sensu intesa (c.d. controlli), statuendo al comma 4, che tali dati debbano essere distrutti entro 6 mesi dalla acquisizione e che i relativi verbali siano trasmessi al procuratore generale. E’ infine introdotta la possibilità per il procuratore generale di autorizzare la proroga per un periodo non superiore a 24 mesi del termine per la conservazione di tali dati.
Spunti di novità ineriscono anche alle eccezioni alle c.d. exclusionary rules.
Come è noto, ai sensi del comma 5 dell’art. 4 bis, gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel corso del procedimento penale, non possono essere menzionati in atti di indagine né costituire oggetto di deposizione né essere altrimenti divulgati.
Tuttavia, nella nuova previsione non viene riproposto l’inciso che consentiva una deroga alla regola, ossia la possibilità di utilizzare il materiale per “fini investigativi”.
Da ultimo, il comma 6 prevede che le spese relative alle attività di intercettazione e tracciamento, attualmente a carico del Ministero della giustizia, siano imputate all’apposito programma di spesa iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito degli stanziamenti previsti a legislazione vigente.
Come già si è avuto modo di anticipare, la ragione della previsione non risiede esclusivamente in questioni di natura contabile, quanto nella necessità di assicurare la riservatezza del comparto dei Servizi d’intelligence.
Bibliografia essenziale
L Filippi, Le “nuove” intercettazioni preventive e le altre attività di prevenzione, in Penale. Diritto e procedura, 30 gennaio 2023; W. Nocerino, Le intercettazioni e i controlli preventivi. Riflessi sul procedimento probatorio, Cedam, 2018, p. 458; Ead., La riforma delle intercettazioni preventive d’intelligence, in Sist. pen., 5 gennaio 2023; F. Resta, La riforma della disciplina delle intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza nella legge di bilancio, in Giust. insieme, 22 dicembre 2022