La nuova disciplina dei tabulati di traffico telefonico e telematico
- Il nuovo articolo 132 del codice privacy.
Il legislatore, dopo la nota sentenza della Corte di Giustizia Europea nel caso K.M., è intervenuto con il decreto legge 30 settembre 2021, n. 132 (convertito in legge 23 novembre 2021, n. 178), sulla disciplina dei tabulati telefonici, modificando l’art. 132 del d.lgs. 196/2003 (c.d. codice privacy). Le principali novità sono: 1) l’introduzione della riserva di legge; 2) la giurisdizionalizzazione del procedimento di acquisizione; 3) la previsione delle cause di inutilizzabilità. Tali nuovi parametri forniscono il perimetro di azione del pubblico ministero, con l’obiettivo di limitare accessi ingiustificati e lesivi dei diritti fondamentali in gioco.
Nello specifico, viene preliminarmente introdotto il catalogo dei reati per quali si può legittimare l’acquisizione dei tabulati: questa è ammissibile solo relativamente ai «reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 c.p.p.», nonché per «reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi». Inoltre si aggiunge a tale presupposto anche la sussistenza di «sufficienti indizi […] rilevanti per l’accertamento dei fatti». Pertanto l’attività investigativa deve essere pertinente e proficua ai fini dell’indagine in corso.
Ma il legislatore è intervenuto anche sulla procedura di acquisizione, introducendo al comma 3 dell’art. 132 del codice privacy la riserva di giurisdizione. Viene così espressamente previsto che il giudice autorizzi l’acquisizione dei dati del traffico con decreto motivato, previa richiesta del pubblico ministero, ovvero su istanza del difensore dell’indagato, della persona offesa o di un’altra parte. Il neo introdotto comma 3-bis prevede anche che il pubblico ministero possa acquisire – con decreto motivato – i dati con una procedura di urgenza quando «vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini», purché tale iniziativa, entro le successive quarantotto ore, sia sottoposta al controllo del giudice per la convalida.
La giurisdizionalizzazione del procedimento di acquisizione comporta che il giudice deve bilanciare gli interessi contrapposti (esigenze di prevenzione e repressione vs diritto alla riservatezza), dando conto in motivazione sia della sussistenza dei presupposti che legittimano l’acquisizione dei dati, sia della proporzione tra attività di indagine da svolgere ed ingerenza nei diritti fondamentali del soggetto.
Una riflessione va affrontata, seppure succintamente in tale sede. Infatti, i tabulati di traffico telefonico e telematico forniscono una pluralità di informazioni quali – a mero titolo esemplificativo – i dati necessari ad identificare l’utente, numero del chiamante e del chiamato, data, orario, durata conversazione, chiamate e messaggi vocali, chiamate in conferenza. Inoltre, possono contenere l’individuazione degli indirizzi di protocollo, sino alla localizzazione attraverso le celle telefoniche. Dunque appare evidente che la mole di dati sensibili che si possono acquisire non sempre sia integralmente necessaria ai fini di una indagine, pertanto si auspica, nel silenzio del legislatore, che l’acquisizione dei dati sia mirata (e limitata) a quelli che presentano uno stretto nesso di pertinenzialità con il reato da accertare.
Infine, per colmare una lacuna esistente nel decreto legge, vengono previsti sia i casi di inutilizzabilità dei dati, sia la disciplina transitoria.
La sanzione dell’inutilizzabilità investe tutti i dati acquisiti in mancanza dei presupposti di applicazione, ovvero nei casi in cui manchi l’autorizzazione del giudice o la convalida del decreto del p.m. nei casi di urgenza (art. 132 il comma 3 quater). Per quanto attiene alla disciplina transitoria, si prevede che i dati acquisiti nei procedimenti penali pendenti antecedenti al 30 settembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 132/2021) possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per i reati rientranti nel catalogo di cui al nuovo comma 3 dell’art. 132 del codice privacy.
- Alcuni rilievi critici.
Uno sguardo va riservato ai vuoti di tutela che inevitabilmente lasceranno agli interpreti l’arduo compito di colmare il silenzio del legislatore.
Si segnala, ad esempio, una discrasia tra legge in commento e la sentenza della Corte di Giustizia Europea che l’ha ispirata. Infatti, i giudici di Lussemburgo espressamente chiedevano di intervenire introducendo la riserva di legge e di giurisdizione, sia relativamente ai dati di traffico telefonico e telematico, sia con riferimento ai dati di ubicazione (la c.d. tecnica del positioning). Invece, la nuova disciplina non incide sull’art. 126 del codice privacy (norma relativa ai dati dell’ubicazione degli utenti), né viene previsto un coordinamento tra questo e i nuovi presupposti di cui all’art. 132. Pertanto, la geolocalizzazione rimane sfornita di riserva di legge e di giurisdizione, con il concreto pericolo di integrare un’attività investigativa incostituzionale piuttosto che atipica.
Ma anche il periodo di conservazione dei dati (c.d. data retention), disciplinato dai primi due commi dell’art. 132 del codice privacy appare in contrasto con i dicta dei giudici di Lussemburgo nei quali è stata segnalata l’opportunità di limitare la conservazione dei dati personali entro i limiti dello stretto necessario. La data retention rimane – di converso – inalterata: i dati di traffico telefonico sono conservati per ventiquattro mesi; i dati relativi al traffico telematico per dodici mesi (art. 132 comma 1); le chiamate senza risposta per 30 giorni (art. 132 comma 1 bis); tuttavia, in una prospettiva di contrasto al terrorismo, il termine di conservazione di tutti i dati si è dilatato in settantadue mesi, ovvero sei anni (seppure solo in relazione ai delitti tentati o consumati con finalità di terrorismo di cui all’art. 51 comma e quater c.p.p., nonché per i reati previsti dall’art. 407 comma 2 lett. a c.p.p.). Un periodo di conservazione appare non solo in contrasto con i canoni di proporzionalità, ma apre le porte al rischio di dossieraggio e di schedatura di massa, anche per fini avulsi dall’attività di indagine, soprattutto in considerazione della circostanza che spesso tali dati sono conservati in archivi non sempre sono collocati nei paesi dell’Unione Europea.
Infine, appare persa l’occasione di conferire alla disciplina de qua l’individuazione dello specifico mezzo di ricerca della prova, non a caso la materia dei tabulati telefonici permane esclusa dal codice di rito, sprovvista di disciplina organica e di ogni coordinamento (quantomeno) con l’art. 254 bis c.p.p.
BIBLIOGRAFIA
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DECRETO-LEGGE 30 settembre 2021 , n. 132