Intelligence: pubblicata la Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2021
Come previsto dalla Legge sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (legge 3 agosto 2007, n. 124), anche quest’anno viene pubblicata la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” relativa all’anno 2021, curata dal Comparto Intelligence, ai sensi della quale il Governo riferisce ogni anno al Parlamento con una Relazione non classificata sulla politica dell’informazione per la sicurezza.
L’orizzonte entro il quale si sono dipanate, nel corso del 2021, le attività del Comparto Intelligence è stato contrassegnato dalla scala globale delle interazioni tra i diversi fenomeni rilevanti nell’ottica della sicurezza nazionale.
Gli Organismi informativi sono stati chiamati a misurarsi con sfide globali suscettibili di ridefinire la nozione stessa di sicurezza nazionale, nel contestuale, incessante ridisegnarsi del perimetro al cui interno la comunità intelligence nazionale opera a tutela degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali della Nazione.
Sfide sovente interconnesse tra loro, tali da esigere, oltre che un avveduto approccio olistico, anche il costante affinamento di tutte le fasi del ciclo intelligence, a cominciare dal rafforzamento del valore conoscitivo delle evidenze acquisite grazie alle diversificate tecniche di raccolta informativa, e dall’individuazione delle attività e delle risorse necessarie per il perseguimento degli obiettivi informativi stabiliti dal Governo.
La tutela del Sistema Paese, con le sue plurime sfaccettature, si inserisce in uno scenario globale contraddistinto da una ripresa economica sostenuta, nonostante le incertezze dovute al differente andamento delle campagne vaccinali nazionali, e alle tensioni nell’approvvigionamento di alcune materie prime e di prodotti intermedi e finiti.
Il gas, con una quota prossima al 40%, costituisce la principale fonte primaria del paniere energetico nazionale e la sua valenza è accentuata dal fatto che le centrali alimentate a metano rappresentano circa la metà della produzione elettrica italiana. Sebbene la dipendenza dalle importazioni di gas, superiore al 95%, rappresenti un elemento di significativa criticità per la sicurezza dell’approvvigionamento nazionale, l’affidabilità risulta garantita, tuttavia, da un’ampia e diversificata capacità di importazione e da una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda. In particolare, in attuazione del Regolamento 2017/1938/UE, il sistema infrastrutturale italiano rispetta la cd. formula N-1, ossia la capacità di soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione, ossia del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38% del fabbisogno nazionale.
A fronte della fase economica espansiva, alcune dinamiche, riconducibili in via prioritaria all’offerta di energia fossile, di altre materie prime, e di semilavorati in filiere critiche, costituiscono una potenziale minaccia per le prospettive di crescita. Al contempo, i fattori di rischio derivanti da proiezioni straniere ostili sull’economia nazionale si sono confermati in sostanziale continuità con le tendenze emerse negli anni passati.
Il Comparto Intelligence è stato chiamato in misura crescente a supportare sul piano informativo il Governo nel processo istruttorio prodromico all’esercizio dei poteri speciali (c.d. Golden Power).
Il monitoraggio informativo, a tutela degli assetti strategici, si è indirizzato prevalentemente verso il settore medicale (a supporto della lotta alla pandemia), dell’aerospazio e difesa (a salvaguardia delle catene del valore nazionali), delle telecomunicazioni (a tutela delle infrastrutture strategiche di rete e a protezione da possibili spostamenti oltreconfine dei centri decisionali), della siderurgia e dell’automotive (esposti agli effetti delle ristrutturazioni delle catene globali del valore e dei connessi cambiamenti nelle strategie industriali globali), della logistica (a difesa da possibili iniziative ostili di attori internazionali).
Nel settore finanziario, sono emersi in particolare i rischi connessi alla riduzione della qualità del merito creditizio di imprese e famiglie, nonché le dinamiche di governance e azionarie nel segmento assicurativo che potrebbero riverberarsi negativamente sul tessuto socio-economico nazionale.
Per quanto riguarda la sicurezza energetica, l’azione informativa si è svolta nella triplice finalità di garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento energetico, di individuare i profili di rischio connessi alle trasformazioni attese nel sistema energetico nazionale, e di rilevare i rischi di una eventuale futura dipendenza tecnologica da fornitori extraeuropei nell’ambito delle fonti rinnovabili.
Le opportunità di business legate sia agli effetti della crisi sanitaria che alle prospettive di ripresa post-pandemica (grazie ai cospicui flussi finanziari legati al PNRR) hanno azionato l’ingerenza criminale da parte di organizzazioni nazionali dedite ad attività affaristico-criminali.
Le evidenze intelligence confermano la capacità dei sodalizi (’Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra, criminalità organizzata pugliese) di adeguare organizzazione interna e modus operandi all’azione di contrasto, anche in considerazione di rilevate sinergie operative tra gruppi criminali finalizzate tanto alla spartizione di lucrosi business illeciti quanto all’attenuazione di eventuali spinte conflittuali suscettibili di attirare l’attenzione investigativa.
Anche la criminalità di matrice straniera ha evidenziato la capacità di permeare il tessuto economico- sociale nazionale e di sviluppare articolati schemi di riciclaggio ed evasione fiscale, unitamente a fattispecie di trasferimento illecito di capitali all’estero, anche attraverso l’utilizzo di strumenti di tecnofinanza. Con riferimento ai sodalizi nigeriani, l’azione intelligence ha evidenziato il loro attivismo in operazioni di trasferimento illecito di risorse finanziarie da e per la madrepatria, in elusione della normativa antiriciclaggio.
Inoltre, significativa attenzione informativa è stata dedicata al fenomeno delle aziende cinesi con “breve ciclo operativo” caratterizzato dalla ciclica attivazione e cessazione, in un breve lasso di tempo, di variegate realtà aziendali, riconducibili a cittadini cinesi, disseminate sul territorio nazionale e attive perlopiù nel settore manifatturiero e del commercio al dettaglio, che hanno accumulato ingenti debiti nei confronti dell’Erario. Il modus operandi prevede contestualmente alla liquidazione delle “vecchie” imprese, in grado di far registrare significativi utili di esercizio, la costituzione di nuove attività commerciali, in una sorta di meccanismo di continuità aziendale, capaci a loro volta di porre in essere ulteriori attività illecite.
Le attività del Comparto nel dominio cyber si sono indirizzate in maniera significativa verso la tutela delle infrastrutture nazionali più coinvolte nel contrasto della pandemia. Tali attività condotte dall’intelligence hanno consentito di rilevare una sensibile crescita di azioni cyber di matrice criminale, soprattutto attraverso campagne ransomware.
Le attività cyber ostili effettuate contro assetti informatici rilevanti per la sicurezza nazionale, anche nel corso del 2021, hanno continuato ad interessare prevalentemente le infrastrutture informatiche della Pubblica Amministrazione (69%, in diminuzione di 14 punti percentuali rispetto al 2020).
Le azioni in danno di obiettivi pubblici hanno riguardato perlopiù Amministrazioni Centrali dello Stato (56%, valore in aumento di oltre 18 punti percentuali rispetto all’anno precedente) e infrastrutture IT riferibili a enti locali e strutture sanitarie (per un complessivo 30% sul totale).
Gli attacchi nei confronti dei soggetti privati hanno interessato prevalentemente i settori energetico (24%, in sensibile incremento rispetto allo scorso anno), dei trasporti (18%, in aumento di 16 punti percentuali) e delle telecomunicazioni (12%, in crescita di 10 punti percentuali rispetto al 2020).
Per quanto attiene alle tipologie di attori ostili, nel 2021 si è assistito a un sensibile calo delle attività di matrice hacktivista e a un aumento delle azioni di matrice statuale. Inoltre, l’intelligence ha continuato a promuovere le attività volte alla messa a sistema delle capacità nazionali per individuare, prevenire e contrastare la minaccia ibrida.
Nodale, nel corso dell’anno, è stata infatti la radicale riorganizzazione dell’architettura nazionale cyber con l’istituzione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, attuata con il decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, convertito nella legge 4 agosto 2021, n. 109, istitutivo dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale – ACN.
La missione istituzionale è quella di potenziare la resilienza cibernetica del Paese, riducendone il grado di vulnerabilità e incrementandone l’autonomia e l’indipendenza tecnologica anche con la finalità di assicurare una maggiore competitività nello scenario internazionale laddove le operazioni di cyber-intelligence rimangono di esclusiva e peculiare competenza del Comparto informativo.
L’atto, oltre ad attribuire alcune competenze esclusive al Presidente del Consiglio dei Ministri, tra cui l’alta direzione e la responsabilità generale delle politiche sulla materia in argomento, nonché la facoltà di delegare determinate funzioni all’Autorità di cui all’art. 3 della legge 3 agosto 2007, n. 124, istituisce anche il Comitato interministeriale per la cybersicurezza quale organo di consulenza, proposta e vigilanza.
Il cyberspazio, si legge, può dischiudere straordinarie possibilità di progresso oppure esporre a pericoli anche potenzialmente rovinosi per la tenuta del Sistema Paese, la cui messa in sicurezza non può, dunque, prescindere né dalla necessaria visione d’insieme delle complesse implicazioni della trasformazione digitale, né da una correlata, chiara distinzione di ruoli e competenze.
Per quanto attiene agli scenari geopolitici, primario orizzonte privilegiato della politica estera italiana è costituito dal Continente africano, oggetto di costante monitoraggio intelligence, anzitutto in ragione del persistere di focolai di crisi vecchie e nuove, in tutti i suoi quadranti.
La fascia saheliana ha registrato anche nel 2021 un ulteriore deterioramento delle condizioni economiche, sociali e di sicurezza, e l’intelligence ha seguito con attenzione gli sviluppi dell’area, decisivi per la tenuta dell’intera Africa occidentale e del Maghreb, con particolare riguardo ai profili di sicurezza in Ciad, Mali, Burkina Faso e Niger.
Al centro dell’azione di intelligence sono stati gli sviluppi in Afghanistan sia per la messa in sicurezza del contingente militare e, nella fase del ritiro, della presenza civile, e poi per le evacuazioni di cittadini afghani ritenuti a seguito della presa del potere da parte dei Talebani. In particolare la proclamazione dell’Emirato Islamico in Afghanistan ha rappresentato l’evento più significativo del 2021 per i gruppi del terrorismo internazionale di matrice jihadista, soprattutto alla luce della valenza iconica che la terra afghana riveste nell’immaginario dei sostenitori del jihad globale. A livello globale e regionale, sia al Qaida che DAESH hanno proseguito nella riorganizzazione dei rispettivi assetti che, in entrambi i casi, ha portato a una decentralizzazione delle strutture di comando e controllo.
La relazione illustra come il monitoraggio della propaganda jihadista, ha visto le principali sigle terroristiche, specie quelle riconducibili al network qaidista globale, rilanciare prontamente la “narrativa della vittoria” legata alla riconquista del potere ad opera dei Talebani. Mirata attenzione informativa è stata inoltre rivolta ai meccanismi di finanziamento al terrorismo, atteso che la capacità operativa di un’organizzazione terroristica dipende anche dalla versatilità nel movimentare le proprie disponibilità finanziarie.
Per quanto attiene all’Italia, l’attenzione dell’intelligence si focalizza sul rischio rappresentato dai foreign fighters intenzionati a rientrare nel territorio nazionale, sfruttando anche circuiti criminali dediti all’immigrazione irregolare. Un fattore di vulnerabilità sul territorio continua a essere rappresentato dal fenomeno della radicalizzazione inframuraria che interessa quei detenuti comuni che manifestano il loro sostegno all’estremismo islamista, in particolare allo Stato Islamico.
Prosegue, inoltre, l’impegno dell’intelligence nel fronteggiare la sfida posta dalla radicalizzazione sul web, che si conferma il principale luogo di proselitismo attraverso la condivisione di manualistica e materiale di propaganda.
Instabilità politica, conflitti armati, incremento demografico, cambiamenti climatici, precarie condizioni socio-economiche ed effetti della crisi sanitaria causata dal virus Sars-CoV-19 hanno inciso, quali fattori di innesco, sull’andamento dei flussi dell’immigrazione irregolare in direzione dell’Italia, un fenomeno che ha fatto registrare un trend incrementale.
Le principali direttrici dei flussi migratori confermano la Libia quale primo Paese di partenza dei migranti diretti verso le coste italiane, seguita da Tunisia e Turchia. Si evidenzia l’esistenza di sinergie operative tra network libici, formazioni tunisine ed espressioni criminali dei Paesi di provenienza dei migranti.
L’azione intelligence, in stretto raccordo informativo con le Forze di polizia, ha continuato a evidenziare, nello scenario eversivo interno, la particolare pericolosità delle componenti anarco-insurrezionaliste.
Il tratto più qualificante della destra radicale, così come delineato dal quadro informativo, è stato correlato all’intensa opera di strumentalizzazione del dissenso all’insegna dell’opposizione alla cd. “dittatura sanitaria” asseritamente “imposta dal Governo”, coniugata, in taluni contesti, a strategie d’infiltrazione nei variegati movimenti di protesta contro i provvedimenti anti-contagio con l’intento d’innalzarne il livello di conflittualità, come avvenuto con l’irruzione nella sede nazionale della CGIL.
Sullo scenario internazionale estero, si è assistito a un ulteriore consolidamento dei contatti sovranazionali tra le maggiori aggregazioni della destra radicale italiana e omologhe realtà straniere, anche mediante incontri e iniziative oltreconfine.
Particolare attenzione è stata dedicata alla sicurezza ambientale la cui disamina ha riguardato le disfunzionalità sistemiche, politico amministrative e infrastrutturali, nonché gli interessi distorsivi di soggetti, nazionali ed esteri, che potrebbero influenzare in senso negativo la capacità del Paese di perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, transizione energetica, progressiva indipendenza dall’approvvigionamento di energie rinnovabili dall’estero, contrasto e contenimento del cambiamento climatico, gestione ottimale dei settori idrico e dei rifiuti. L’attività di intelligence ambientale ha consentito, infatti, di svolgere un’azione di rilevamento delle criticità connesse al rischio ambientale, potenzialmente in grado di ledere interessi primari per la sicurezza nazionale, come nel caso dei cd. “contaminanti emergenti”.
Non è mancato il focus sulle dinamiche di competizione nel bacino del Mediterraneo Orientale, area di indubbio interesse strategico anche per la presenza di ingenti risorse energetiche. Tali opportunità, unite a interessi commerciali e proiezioni strategiche, hanno attirato l’attenzione non solo dei Paesi rivieraschi, ma anche di attori internazionali quali la Federazione Russa e la Cina.
Il ruolo internazionale della Federazione Russa e le sue dinamiche interne sono state oggetto di attenzione informativa. In politica interna, le autorità russe hanno rinsaldato nel corso dell’anno l’attuale assetto di potere consolidando i risultati della riforma costituzionale del 2020 e delle elezioni parlamentari del settembre scorso, mentre in politica estera hanno affrontato le criticità emerse nel proprio “vicino estero”. Da rilevare l’adozione nel luglio 2021 di una nuova strategia di sicurezza. È nello spazio post-sovietico che si è intensificata la volontà russa di riaffermare la propria primazia, considerando le Repubbliche ex sovietiche come il perimetro minimo di sicurezza che garantisce profondità strategica all’azione esterna di Mosca e alla sua volontà di essere riconosciuta fra le grandi potenze mondiali.
È nel segno di tale postura che si è chiuso il 2021, alla vigilia dell’acutizzarsi della crisi russo-ucraina.