Il regime probatorio della chat memorizzata nel cellulare in sequestro

Alessandro Valenti - 27/10/2022

Cass., sez. VI, 14 aprile 2022 (dep. 22 agosto 2022), n. 31364

 

  1. I dati informatici di messaggistica conservati nella memoria del telefono cellulare sottoposto a sequestro sono “documenti”, forme di “corrispondenza” o “flussi di comunicazioni” telematici? Sono acquisibili con la mera riproduzione fotografica o richiedono il rispetto delle procedure previste per la corrispondenza o per le intercettazioni telematiche? In particolare, è necessario, ai fini dell’utilizzabilità del dato probatorio, che venga acquisito il supporto dal quale è stato estratto?

La sentenza in commento risolve i predetti quesiti in senso conforme alla granitica giurisprudenza della Suprema Corte: gli sms e i messaggi whatsapp rivenuti in un telefono cellulare hanno natura di documenti, e sono quindi acquisibili con qualunque modalità idonea a rendere i dati in essi contenuti valutabili, inclusa la riproduzione fotografica.

 

  1. In particolare, nel caso in esame il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 191, comma 2, e 244, comma 2, c.p.p., a mente del quale l’autorità giudiziaria, quando dispone rilievi e, comunque, operazioni tecniche in relazione a sistemi informatici o telematici, deve adottare «misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione».

Come è noto, tale inciso è stato introdotto dalla l. 18 marzo 2008, n. 48 per garantire integrità e genuinità al dato informatico, la cui caratteristica principale è quella di rompere il legame tra contenuto e contenitore, potendo essere duplicato infinite volte e trasferito da un supporto all’altro. Si tratta, quindi, di un dato connotato da fragilità intrinseca, in ragione del rischio che esso venga alterato nel processo di trasmissione. Di qui l’importanza, che si coglie all’art. 354, comma 2, c.p.p., nella disciplina degli accertamenti urgenti di p.g., della “copia forense”, che gli stessi ufficiali incaricati dovrebbero effettuare, se possibile e su adeguati supporti, «mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità» (in giurisprudenza v. Cass., Sez. VI, 22 settembre 2020, n. 34265, in Foro it., 2021, 416).

Nel caso in cui la documentazione riproduttiva del dato digitale non sia stata elaborata in base a un protocollo investigativo che garantisca la sua genuinità, il compimento di tale verifica richiede il confronto con il dato originale. Di contro, la documentazione potrebbe ritenersi illegittimamente acquisita e comunque inattendibile, e perciò priva di valore probatorio. Sembrerebbe questa la prospettiva del ricorrente, secondo cui sono inutilizzabili i messaggi whatsapp acquisiti in assenza della previa acquisizione in dibattimento del supporto informatico contenente la loro registrazione.

 

  1. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, ove vengano acquisiti messaggi scritti e corrispondenza inviata in via telematica, non è «necessario a fini di prova che sia acquisito anche il supporto su cui i messaggi siano stati fissati, trattandosi di documenti» (Cass., Sez. VII, 22 ottobre 2019, n. 50855).

Infatti, i messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria del telefono cellulare sottoposto a sequestro non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, che – come già chiarito dalle Sez. un. 19 aprile 2012, n. 28997, Pasqua, in Cass. pen., 2013, 963 – «implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito» (Cass., Sez. III, 25 novembre 2015, n. 928 in C.E.D. Cass. n. 265991).

Allo stesso modo, quei dati probatori, una volta estrapolati dal dispositivo, non sono il risultato di un’intercettazione, la quale «postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso». Invero, i messaggi che sono memorizzati nel database del telefono sono acquisiti ex post, e quindi si è in presenza di una mera documentazione di quei flussi (Cass., Sez. VI, 12 novembre 2019, n. 1822, ivi, 278124), pertanto acquisibile ex art. 234 c.p.p., che consente “l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.

 

  1. Dalla natura documentale della chat discende un regime di acquisizione il cui rigore è attenuato, e che in sostanza vede il giudice libero di valutare la genuinità del dato acquisito.

Tuttavia, tale conclusione potrebbe essere messa in discussione valorizzando quanto affermato in Cass., Sez. V, 19 giugno 2017, n. 49016, in Proc. pen. giust., 2018, 529, secondo cui la registrazione di una conversazione whatsapp, operata da uno degli interlocutori, è una prova documentale la cui utilizzabilità è «condizionata dall’acquisizione del supporto – telematico o figurativo contenente la menzionata registrazione, svolgendo la relativa trascrizione una funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale»: «tanto perché occorre controllare l’affidabilità della prova medesima mediante l’esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l’attendibilità di quanto da esse documentato».

Si è confrontata con tale principio Cass., Sez. III, 26 novembre 2019, n. 8512 rispetto a fotografie che riproducevano messaggi whatsapp. Il ricorrente ne deduceva l’inutilizzabilità per violazione dell’art. 254 c.p.p., che, nel disciplinare il sequestro di corrispondenza, prevede che l’ufficiale di polizia giudiziaria consegna all’autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati “senza aprirli o alterarli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto”. Nel caso di specie le chat non sarebbero state estratte dal telefono cellulare con le procedure forensi previste per la creazione di copie di documenti. Inoltre, il giudice di merito avrebbe acquisito le foto della schermata del cellulare in uso al ricorrente senza conservare il dispositivo informatico, alla cui acquisizione sarebbe condizionata l’utilizzabilità della prova. Tuttavia, la Corte ha ritenuto utilizzabili i dati probatori, atteso che la provenienza della chat dal cellulare in sequestro non era dubbia, tanto è vero che l’imputato aveva offerto una spiegazione circa il suo contenuto.

 

 

Bibliografia

 

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