Debito e Criptovalute

Benedetto Palombo - 14/04/2021

La CNN Business dichiarava, il 13 gennaio 2020, che il già enorme rapporto debito/PIL globale avrebbe sforato verso l’alto. Infatti, il record è stato battuto prima della fine del 2019, arrivando a circa 250.000 miliardi di dollari, stando a quanto rilasciato dall’Institute of International Finance (IIF). Ciò porta il rapporto debito/PIL globale al 322%.

Oltre la metà di tale percentuale è stata accumulata nei mercati sviluppati, come gli Stati Uniti e l’Europa, facendo arrivare il loro rapporto debito /PIL ad una media del 383%.

Nei mercati emergenti, i livelli di debito sono minori, per un totale di 72.000 miliardi di dollari, anche se negli ultimi anni stanno avendo un rapido incremento, sempre secondo l’IIF.

Ad esempio, il rapporto debito/PIL cinese si avvicina al 310%, il livello più alto nel mondo in via di sviluppo.

Un debito mondiale così ingombrante rappresenta un rischio reale per l’economia globale, soprattutto alla luce del fatto che l’IIF prevede che tali livelli aumenteranno ancor di più nel 2020.

“Tra i tassi di interesse molto bassi e condizioni finanziarie di perdita, prevediamo che il debito globale supererà i 257.000 miliardi di dollari” nei primi mesi del 2020, così ha dichiarato ufficialmente lo stesso IIF.

La Federal Reserve ha abbassato i tassi di interesse per ben tre volte lo scorso anno, e l’aliquota di riferimento della Banca Centrale Europea è ancora ai livelli post crisi finanziaria.

L’antidoto alle numerose crisi economiche che il mondo ha dovuto affrontare negli ultimi decenni è sempre stato rappresentato dal debito. Caso esemplare: in questo momento, come accennato sopra, l’importo del debito globale supera i 250.000 miliardi di dollari, ovvero circa tre volte il PIL mondiale. Inoltre questo numero non è in via di riduzione, come si può notare – ad esempio – negli Stati Uniti, con il “Pacchetto Coronavirus” da 6.000 miliardi di dollari stabilito dalla Casa Bianca.

Tale debito è stato “spalmato” sulla società; i governi hanno migliaia di miliardi di dollari di debito pubblico, le famiglie sono schiacciate dai mutui e dalle tasse universitarie, le aziende incoraggiano l’acquisto in miliardi di miliardi di bond, e così via.

Non è certo azzardato dire che tutto ciò è insostenibile: il debito chiede in prestito denaro dal futuro per innalzare lo standard di vita oggi. Infatti, uno dei giganti di Wall Street ha dichiarato che “il grande super-ciclo del debito” sta per terminare.

È qui che Bitcoin e cripto-beni potrebbero entrare in gioco.

Il 27 marzo del 2020, Scott Minerd, Global Investment Officer di una società di servizi finanziari e di investimenti globali con sede a NewYork – la Guggenheim Investments – ha pubblicato il “Faustian Bargain”, ovvero “il patto col diavolo”, una breve ed “esplosiva” lettera in cui ha dipinto una visione straziante di ciò che sarà della società. Minerd ha chiarito che le politiche che i governi hanno adottato, ovvero “accrescere lo stimolo fiscale e il denaro facile” per “compensare temporaneamente qualsiasi calo della domanda”, in una evenienza di contrazione o recessione difficilmente sopravvivranno.

“Ora, di fronte allo shock esogeno della pandemia di Covid-19, i politici stanno tornando agli stessi strumenti impiegati nella crisi finanziaria poco più di dieci anni fa … prestare a queste società più denaro non farà che aggravare il problema, a lungo termine, derivante da un eccesso di leva finanziaria, rendendo le aziende ancora più vulnerabili al fallimento”.

Qual è, dunque, la via d’uscita?

Secondo Minerd ci sarebbero alcune soluzioni:

  • la ristrutturazione del debito;
  • tassi di interesse negativi;
  • la svalutazione della moneta avente corso legale.

In tutte le soluzioni che Minerd adombra in risposta al collasso del debito globale, il “Cripto” sembrerebbe essere una potenziale via d’uscita, un mezzo che gli investitori potrebbero usare per mettere al sicuro la propria ricchezza nel periodo “della peggiore recessione dalla Grande Depressione degli anni Trenta”, e per proteggersi dai rischi sopra elencati.

La ristrutturazione del debito

La prima soluzione menzionata è stata, appunto, la ristrutturazione del debito, che vedrebbe i creditori “tagliare” il debito delle società in riorganizzazione.

Il problema di questa soluzione è che si tratta di un processo dispendioso in termini di tempo e denaro. L’enorme volume di riorganizzazioni potrebbe inondare i sistemi finanziari e legali e scatenare una spirale discendente.

In questo scenario, in cui le società, e potenzialmente anche i governi, sono inadempienti rispetto al proprio debito, il Bitcoin potrebbe essere una copertura in quanto non soggetto agli stessi rischi di ribasso dei titoli azionari e delle obbligazioni.

Tassi di interesse negativi

La seconda soluzione proposta da Minerd è stata l’implementazione di “tassi di interesse negativi”, che richiederebbe un rapido passaggio ad una società globale senza contanti e una revisione della regolamentazione relativa ai fondi pensionistici e al settore assicurativo.

In questo caso, le criptovalute “decentralizzate” possono avere un senso; in un mondo senza contanti, dove i tassi di interesse negativi sono normali, la valuta digitale emessa dalla Banca Centrale, con cui si effettuano normalmente le transazioni, scomparirà lentamente nel tempo. Bitcoin e criptovalute, d’altronde, non saranno suscettibili degli stessi problemi.

La svalutazione della moneta avente corso legale

Infine c’è la svalutazione. Tale soluzione potrebbe avere due esiti problematici, ovvero un insufficiente o un’eccessiva svalutazione, causando, rispettivamente, una spirale dei prezzi dei beni usati come garanzia ai prestiti, o una rapida inflazione.

Nel primo caso, i Bitcoin non rappresentano un asset molto usato per garantire i prestiti rendendoli meno suscettibili di una spirale a ribasso nei valori degli attivi utilizzati a titolo di garanzia.

Nel secondo caso, la rapida inflazione dovrebbe dimostrare il valore di un bene disinflazionistico come il Bitcoin, non essendo soggetto agli stessi “capricci” delle Banche Centrali.

Tematiche di indubbio interesse, anche scientificamente attendibili, ma la soluzione individuata nei Cryptoasset lascia più di una perplessità, soprattutto a causa dell’ancora insufficiente regolamentazione ed alla non uniformità del riconoscimento delle medesime negli Stati Ue, e in molti altri Paesi extra-Ue. La Banca centrale europea, cui spetta l’emissione di moneta ufficiale, non pare ancora disposta ad ammettere sistemi di questo tipo.

Attendiamo allora gli sviluppi regolamentari per poi occuparci, perché no, di quelli economici e di sicurezza.